Foibe, oggi è il Giorno del Ricordo: tra le vittime tanti irpini

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Renato Spiniello Foibe, una tragedia ripetuta due volte. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe (caverne, pozzi che si trovano nella regione carsica e nell’Istria) migliaia di persone.

E quella a lungo rimossa in un’Italia che non voleva ammettere né la sconfitta né le violenze commesse nei Balcani, ignorata da una parte della politica fino al 2004 quando è stata fissata, con la legge n. 94, la ‘Giornata del Ricordo’ al 10 febbraio.

“Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente” dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella chiarendo a gran voce cosa sono state, davvero, le foibe. “Non si trattò – dichiara pubblicamente il Capo dello Stato – come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti colpevoli solo di essere italiani”.

Tra le vittime tantissimi irpini, la maggior parte militari o membri delle forze dell’ordine. Michele Caso, militare, Tommaso Clericuzio, sottotenente medico, Angelo De Gruttola, militare, Agostino Formato, carabiniere, Raffaele Giordano, guardia scelta, Angelo Grasso, finanziere, Gabriele Graziano, militare, Domenico Jannarone, finanziere, Antonio Sebastiano, militare, Filippo Numis, ispettore di Atripalda, Alfonso Iasiello, militare, del civile Eduardo Rossi (questi ultimi due di Altavilla), l’atripaldese Carmine Ruocco, fuciliere di marina, Pellegrino Molinaro, militare e Raffaele Perongini.

La lista continua con Luigi Napolitano, militare di Baiano, Guido Valente, guardia, Pasquale Grieco di Bonito, Raffaele Frieri, militare di Cairano, Gentilella Leone e Angelo Dragonetto di Calabritto, Giovanbattista Fabiano e Paolo Clemente, militari di Carife, Giovanbattista Mele, militare di Cervinara, Arcangelo Ferullo, militare di Chiusano, Francesco Cataruotto, Salvatore De Luca, Pietro Pastorella (gli ultimi tre militari di Grottaminarda).

E ancora, Gaetano Romano, guardia, Carmine Ruggiero, militare di Lauro, Alfredo Sorrentino, militare di Melito, Nicola D’Ambrosio, bersagliere, Mario Scala, militare di Mirabella, Emilio Martignetti, militare di Montefalcione, Luigi Francipane, militare di Monteforte, Nunzio Guerriero, militare di Montefusco, Francesco Colella, militare di Montemiletto, Luigi Landi, militare di Montoro, Pasquale Colarusso, guardia di Pietradefusi, Felice Colucci, militare di Pietrastornina, Emanuele Bavaro, militare di Pratola Serra, Angelo Americo Amato di San Martino e Michele Rinaldi, militare di San Nicola Baronia.

I militari savignanesi Dionisio D’Apice, Enrico Fino, Giuseppe Abazia e Luigi Maglione, poi Giuseppe Guarino, bersagliere di Serino, Nicola Stanco, fuciliere di Vallata e Vincenzo Del Vecchio, militare di Zungoli.

A questi si aggiungono Giovanni Andreotti, avellinese e agente della Buoncostume che fu fucilato nella piazza di Zara e Alfredo Jannarone Paronitti, ricoverato all’ospedale militare di Cormons, la mamma andò a salvarlo, ma entrambi vennero sorpresi e rapiti dagli uomini di Tito.