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Cna: lettera al Prefetto su immigrazione e lavoro nero

“Eccellenza,
l’Ispettorato del lavoro ha reso noto i risultati della sua attività ispettiva nel 1° semestre del 2016 con un considerevole recupero di evasioni e crediti dei lavoratori e la constatazione che le irregolarità riguardino più dei due terzi delle aziende ispezionate.
Rispetto a tali dati occorre rifuggire dalla banalità di un vizio connaturato ai piccoli imprenditori.
Il dato mostra una seria difficoltà di tanti artigiani e piccolissimi imprenditori di andare avanti rispettando le regole: dal 2008 la crisi ha comportato saracinesche che si sono abbassate, capannoni abbandonati, una disperazione, talvolta sino alla tragedia, presto dimenticata da tutti.
Non intendiamo difendere chi evade anche se solo parzialmente: chi non fa per intero la sua parte scarica su altri un peso che è suo.
Me è una situazione divenuta insostenibile: si sono accumulati pesi che le imprese non sono più in grado di reggere, mentre le grandi aziende, con alle spalle fior fiore di commercialisti con mille alchimie evadono miliardi di euro facendola franca.
L’Italia, l’Irpinia si reggono su un reticolo piccolissime aziende. L’economia riparte solo con l’abbassamento della pressione fiscale sulle imprese e del costo del lavoro, tra i più alti d’Europa, mentre le paghe sono insufficienti per i lavoratori.
Occorre fare qualcosa e subito, a Roma ed anche in Irpinia.
Dai dati pubblicati non siamo riusciti a capire quanti siano stati gli accertamenti su imprese sconosciute al fisco e agli istituti previdenziali. Ma non ci sembrano che siano molte.
Noi sappiamo che gli uffici sono costretti a dare il senso di quanto produca il loro lavoro con le statistiche e queste si impennano più facilmente se gli accertamenti si concentrano sulle imprese che operano alla luce del sole, mentre scovare imprese in nero richiede una più faticosa attività di indagine. Ciò che sfugge però a chi dà le direttive è che tartassare solo chi evade parzialmente aumenta il numero di chi sceglie di chiudere la partita Iva e lavorare nascostamente, perché è proprio la mancata repressione del lavoro in nero una delle cause dell’evasione parziale: se il mio concorrente non paga tasse, non versa contributi, paga sotto tariffa i dipendenti, fa prezzi ai suoi clienti che chi sta in regola si può solo sognare. E’ concorrenza sleale: non solo un furto a danno di chi paga tasse, ma un cancro per l’economia; esso, cioè, è “criminogeno” cioè costringe gli altri imprenditori ad abbassare i propri costi con l’evasione.
Abbiamo sollevato, in questi anni, a più riprese e con più interventi la questione, in verità senza grandi risultati.
Oggi avanziamo una proposta semplice, semplice: per sei mesi concentriamo l’attività ispettiva alla ricerca dei tanti che sono noti a tutti, ma sconosciuti alle autorità più che sulle imprese che lavorano alla luce del sole. Lo sforzo comune di ispettorati, guardie di finanza, carabinieri e vigili urbani può dare vita ad una vera e propria campagna contro il lavoro nero, il sommerso, le imprese fantasma. Non dovrebbe essere difficile individuarne un numero significativo indirizzando le ispezioni verso cantieri edili senza imprese, carrozzerie e officine in garage di edifici residenziali o in baracche in campagne sperdute, barbieri e parrucchieri elettricisti, riparatori che vanno casa per casa, senza bottega né partita Iva. Sono sconosciuti? Strano, dal momento che hanno una clientela, spesso molto estesa, che sa dove trovarli, sa come rivolgersi a loro in ogni singola comunità.
Molti o pochi che siano i risultati di una tale campagna l’effetto sarebbe una iniezione di fiducia nello Stato da parte dei tanti che si sentono, sul piano morale ingiustamente tartassati.”

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