“È con profonda tristezza che vi devo dire che le condizioni del nostro Amministratore Delegato, Sergio Marchionne, che di recente si è sottoposto a un intervento chirurgico, sono purtroppo peggiorate nelle ultime ore e non gli permetteranno di rientrare in FCA”.
E’ con una lettera scritta ai dipendenti della FCA che John Elkann ha comunicato l’addio di Marchionne all’azienda torinese. Alla base della sofferta decisione ci sono “complicazioni inattese” di un intervento subito a fine giugno dall’a.d. di FCA che dal 26 giugno non era più comparso in pubblico.
Il seggio vacante di CEO passa nelle mani dell’inglese Mike Manley, già responsabile del marchio Jeep all’interno del gruppo Fiat-Chrysler; Elkann invece lo sostituirà alla Ferrari come presidente.
All’ufficialità del forfait di Marchionne, arrivata nel tardo pomeriggio di ieri, ha fatto seguito una giornata convulsa in cui insieme alle voci sulle condizioni di salute del ex-CEO si sono rincorsi gli interrogativi sul destino dell’azienda e su chi avrebbe preso il suo posto a capo della casa torinese.
L’addio dopo 14 anni di guida “illuminata” lo ha sancito, in tempi record, il consiglio di amministrazione straordinario che ha espresso “innanzitutto la sua vicinanza a Sergio Marchionne e alla sua famiglia sottolineando lo straordinario contributo umano e professionale che ha dato alla Società in questi anni”.
Marchionne in quattordici anni ha traghettato l’azienda torinese dal fallimento in cui era piombata come Fiat alla nuova era dello sbarco in America con l’acquisizione della Chrysler. Quattordici anni di scelte anche impopolari che hanno trasformato la FCA nel settimo gruppo automobilistico mondiale.
“È grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza, alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l’azienda”, sono le parole di Elkann.