Un esperto avvocato del Foro di Avellino al vertice del sistema di truffe seriali ai danni delle compagnie assicurative che questa mattina ha portato all’arresto di dieci persone tra le province di Napoli e Avellino su disposizione della Procura della Repubblica di Roma. Sinistri stradali mai avvenuti ma opportunamente simulati da un cast di attori volta per volta ingaggiati da colui il quale è ritenuto dagli inquirenti il regista delle truffe.
Il professionista irpino, insieme ad alcuni colleghi, si adoperava per “inventarsi” l’ennesimo incidente, costruendo la dinamica ed il fascicolo del sinistro, curando i dettagli in ogni singola fase. In pratica i sinistri stradali, mai avvenuti, venivano opportunamente rappresentati come “incidenti con fuga”, dove l’ipotetico responsabile era sempre irreperibile.
Prospettazione che agevolava l’ottenimento dell’ingiusto profitto. Agli investigatori il sistema è apparso quasi come una rappresentazione teatrale, dove ogni attore aveva un preciso ruolo ed un copione da recitare. In questo senso, la sceneggiatura dell’incidente prevedeva, come prima fase, quella del reclutamento degli attori: previo compenso, venivano ingaggiate persone che fingevano di essere vittime di incidenti stradali ed altre, invece, che dovevano interpretare il ruolo dei testimoni, rendendo falsa testimonianza sulla dinamica del sinistro.
La finta vittima, dopo aver conferito il mandato all’avvocato, veniva contattata da altri membri dell’organizzazione per essere accompagnata presso strutture sanitarie pubbliche, dove il medico compiacente stilava certificati che attestavano conseguenze traumatiche, post incidente, inesistenti. Ulteriore caratteristica del copione criminale consisteva nell’ideare, in molti i casi, incidenti stradali sulla base di radiografie già illegalmente possedute dall’organizzazione, dalle quali scaturiva la diagnosi del primo soccorso, ovviamente con lesioni compatibili alle circostanze del sinistro.
In tali episodi gli esami diagnostici e la documentazione sanitaria di ignari pazienti, veniva acquisita illecitamente dalle strutture sanitarie. L’avvocato inoltrava la richiesta risarcitoria al Fondo di garanzia per le Vittime della strada, restando poi in attesa di ricevere una congrua proposta economica di indennizzo. Per alcuni sinistri il Fondo erogava direttamente il risarcimento, per altri era necessario richiedere l’intervento del Giudice di Pace compiacente.
A questo punto emerge il secondo livello organizzativo del sistema criminale, dove l’avvocato ed i suoi sodali si avvalevano dei contatti con un Giudice di Pace ed un Cancelliere. Quest’ultimo si è rivelato come figura strategica del sodalizio criminale, in quanto nella fase di iscrizione a ruolo, “pilotava” il fascicolo del finto sinistro dirottandone l’assegnazione al Giudice di Pace compiacente. Il dispositivo delle Sentenze, in questo modo, non poteva che essere favorevole e blindato. Tutti i componenti dell’organizzazione erano retribuiti secondo il livello funzionale e la tipologia di prestazione svolta; tuttavia il valore del compenso era sempre proporzionale al valore del risarcimento ottenuto.
Nel corso dei due anni di attività investigativa è stato accertato che le procedure, consolidate e strutturate, messe in piedi dall’organizzazione, avevano reso oltre 1 milione e mezzo di euro. Il contributo del Giudice di Pace e del Cancelliere aveva trasformato il sistema in una “macchina perfetta” che ogni mese produceva decine di iscrizioni a ruolo di falsi sinistri stradali con la conseguente emissione di sentenze favorevoli. L’associazione, inoltre, si avvaleva di standard di sicurezza, tecnologici e organizzativi particolarmente performanti, con telecamere a circuito chiuso per il controllo degli ambienti e numerose schede telefoniche per la gestione dei contatti.
Le modalità di interazioni tra i sodali della rete criminale erano inoltre rigide e vincolate, garantendo così l’anonimato dei vertici del gruppo criminale. Per questo, per gli scambi di informazione o la pattuizione dei compensi, venivano impiegati degli intermediari, onde evitare contatti diretti tra i capi e i complici occasionali, avvalendosi di sodali che svolgevano mansioni di livello inferiore. Talvolta, nelle conversazioni venivano adottate tutte le cautele possibili, utilizzando anche allusioni e metafore.