Fa’Afafine, la pièce della discordia. Cipriano: “Chi fa cultura deve porsi domande scomode”

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Era successo già due settimane fa a Salerno. Adesso è la città di Avellino a dividersi in due, tra chi è pro e chi è contro, lo spettacolo per bambini del regista e attore siciliano Giuliano Scarpinato dal titolo “Fa’Afafine – mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, pièce teatrale che racconta di un bambino che non ama identificarsi con un sesso o l’altro.

Dopo le aspre polemiche dei giorni scorsi, con annesse petizioni correlate da centinaia e centinaia di firme da parte delle due fazioni, nel pomeriggio di ieri c’è stato il confronto al Teatro Gesualdo tra il regista e gli aderenti al Comitato Difendiamo i nostri figli.

Lo spettacolo andrà in scena il prossimo 5 aprile; il Comitato Difendiamo i nostri figli ha chiesto all’Ente Teatro di spostare lo spettacolo in orario non scolastico (così come, tra l’altro, è stato fatto a Salerno).

Per gli aderenti all’associazione Cittadini contro il regresso, si tratta però di una richiesta fuori dal tempo.

E ieri le due posizioni si sono scontrate al dibattito promosso dal Massimo cittadino, kermesse alla quale ha preso parte anche il numero uno dell’Ente Teatro Luca Cipriano: “Siamo pronti a replicare lo spettacolo anche nel pomeriggio, in modo da permettere a quei genitori che lo riterranno opportuno, di accompagnare i propri figli – ha detto Cipriano – Fermo restando la convinzione che un’istituzione culturale ha il dovere di porsi domande scomode e di dare risposte ai bambini, per un’educazione fondata su tolleranza e rispetto di ogni diversità. Non ci si può nascondere dietro il perbenismo ipocrita di una provincia felice e utilizzarlo come alibi per non affrontare tematiche come il bullismo di stampo omofobo, o non lottare contro gli stereotipi alla base di muri di esclusione sociale”.

Ha partecipato all’incontro anche Franco D’Ercole che ha lasciato sulla propria pagina Facebook il suo commento a riguardo: “Ho partecipato, insieme a molti amici, alla presentazione di una iniziativa del teatro Gesualdo di Avellino con la quale si propone, ai bambini delle scuole elementari e medie, una rappresentazione scenica della cultura gender. Le scuole che hanno aderito porteranno i bambini a vedere lo spettacolo, senza alcuna consapevole prentiva autorizzazione dei genitori. Ho contestato il metodo ed il contenuto dell’iniziativa: pensiero unico, genere unico, ovvero genere alternato, questo darebbe sicurezza ai bambini e li farebbere crescere in perfetto equilibrio!”.

Così, infine, anche Ettore De Conciliis che – a mezzo social – ha riferito: “Quanti artisti ci sono in Italia che, pur producendo opere meritorie, non hanno avuto le luci delle notorietà? Quanto talento c’è nella prosa, nella poesia, nella musica e nelle arti figurative che nessuno ha ancora scoperto e valorizzato? Quanti attori e quanti autori farebbero grande teatro se solo riuscissero ad affacciarsi nei circuiti che contano? Secondo me tanti, tantissimi. Artisti di livello che magari vivono in condizioni di difficoltà e non possono offrire al grande pubblico le loro doti creative. Ma c’è qualcuno che ha capito come funziona la giostra in Italia: se fai una canzone sui migranti, sta tranquillo, prima o poi finisci in TV. Se fai un’opera teatrale sul gender saranno almeno 50 gli Enti Locali che ti offriranno i loro palcoscenici più prestigiosi. E se anche se la tua produzione è mediocre, non ti preoccupare, chiunque la contesterà sarà additato come xenofobo o come omofobo. E se ancora tutto questo non ti basta per riempire i teatri o le piazze, ti porteranno intere scolaresche paganti in nome della cultura e del progresso”.

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