«La chiusura delle scuole e delle università, annunciata dal Governo, e le misure restrittive adottate negli ospedali e nei luoghi pubblici e privati, dove possono crearsi assembramenti di persone, da sole non bastano», afferma Antonio Santacroce, segretario generale Cisl Fp IrpiniaSannio.
«C’è bisogno – prosegue Santacroce – di monitorare le misure di sicurezza messe in campo per tutti i dipendenti delle strutture pubbliche: non rischiano, infatti, solo i sanitari ma anche tutte le altre persone che ricoprono ruoli nel comparto pubblico e che sono quotidianamente a contatto con i cittadini e con i colleghi. La proposta dello smart working può essere una valida modalità di gestione dei dipendenti quando non svolgono compiti che richiedono la presenza fisica negli Enti ma non risolve il problema dei tanti lavoratori che svolgono attività per le quali è difficile applicare questo sistema i vengono invitati a mettersi in ferie o prendere permessi retribuiti.
«Per questo riteniamo necessaria l’attivazione di una cabina di regia, coordinata dalla Prefettura di Avellino, che assicuri omogeneità negli interventi a tutela delle lavoratrici e lavoratori dei servizi pubblici. Chiediamo a sua eccellenza il Prefetto di convocare quanto prima le parti sociali, fino ad oggi stranamente escluse dalla discussione istituzionale, per l’attivazione di un tavolo di confronto utile non solo a monitorare le misure di sicurezza già attive ma a definirne altre tenendo in considerazione le segnalazioni dei lavoratori, le esigenze specifiche del territorio e per trovare anche quelle misure a sostegno dell’emergenza lavorativa che si sta determinando oltre ad adottare comportamenti uniformi per il personale addetto al front office in tutti settori pubblici».
Infine, ma non meno importante, un passaggio sul sistema sanitario: «Come noto il Pronto soccorso del Moscati è in sofferenza con 8 unità in quarantena dopo il passaggio nella struttura di Contrada Amoretta di una donna positiva al test del coronavirus. Fino a oggi, non sono stati previsti nuovi innesti e non vorremmo che, qualora ce ne fosse bisogno, si replicasse il modello della Lombardia dove, per far fronte all’emergenza, sono stati chiamati medici in pensione ed infermieri specializzandi: una soluzione tampone che potrebbe provocare ulteriori problemi».