Edilizia al palo, il grido di dolore dei Costruttori irpini

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Di seguito l’intervento del presidente di Ance Avellino, Michele Di Giacomo, al convegno di ieri al “de la Ville” sul tema “Il governo del territorio per uno sviluppo sostenibile della Campania”. L’iniziativa, promossa dalla Regione Campania in collaborazione con i Costruttori irpini e l’Ordine degli Architetti della provincia di Avellino, si inserisce nell’ambito dell’iniziativa “La Regione incontra i protagonisti e le comunità locali”.

All’economia nazionale e a quella regionale continua a mancare l’apporto fondamentale del settore delle costruzioni. Un settore storicamente trainante dello sviluppo economico del Paese, che oggi è stato messo in ginocchio. La voce, anzi il grido di dolore di ANCE è rimasto inascoltato. Tante le iniziative messe in campo.

L’ultima iniziativa è la grande mobilitazione Ance dei nastri gialli per segnalare il degrado e lo stallo di manutenzioni, opere e messa in sicurezza dei territori e delle città. Un’iniziativa che vede il coinvolgimento diretto di tutti i cittadini “creando un rapporto importante tra imprenditori ed elettori”.

Con i nastri gialli, si apre quindi una seconda fase del piano di mobilitazione dell’Associazione, iniziato con il lancio del sito sbloccacantieri.it per segnalare le migliaia di opere interrotte, ferme o mai partite distribuite su tutto il territorio. Oltre 600 le segnalazioni finora arrivate.

Le previsioni di crescita della ricchezza nazionale, fissate al +1,5% nel disegno di legge di bilancio 2018, successivamente ridimensionate al +1% nella manovra approvata dal Parlamento, appaiono oggi quanto meno ottimistiche. Infatti l’ultima previsione della Commissione Europea ridimensiona a +0,2% la crescita del Pil per il 2019.

Una crescita inferiore alle attese comporterebbe un arretramento molto significativo. In questo contesto, come più volte sottolineato dall’Ance, ai fini di una ripresa consolidata dell’economia italiana è mancato, e continua a mancare tuttora, l’apporto fondamentale del settore delle costruzioni.

Eppure, in termini di investimenti, il settore continua a offrire un contributo rilevante, rappresentando l’8% del Pil italiano. E’ evidente che, in virtù della sua lunga e complessa filiera, il nostro settore è collegato al  90% dei settori economici. Questo vuol dire che la crescita delle costruzioni permetterebbe al Paese di recuperare mezzo punto di Pil l’anno e di tornare in breve tempo a una crescita in linea con quella degli altri Paesi Ue.

Anche il 2018 si è confermato un anno dalle dinamiche settoriali profondamente incerte, erodendo le aspettative positive che si erano inizialmente prefigurate all’inizio dello scorso anno.

La tanto auspicata ripresa degli investimenti in opere pubbliche, sostenuta dalle pur importanti misure previste dal Governo nelle ultime Leggi di Bilancio, non si è verificata e pertanto non ha potuto guidare la ripresa per l’intero settore.

I segni positivi nel 2018 in atto nel comparto residenziale e non residenziale privato non sono riusciti, purtroppo, a controbilanciare completamente la mancata crescita delle opere pubbliche.

Pertanto, la stima formulata dall’Ance per l’anno appena concluso è di un lieve aumento dell’1,5% degli investimenti in costruzioni in termini reali.

Tale risultato appare del tutto insufficiente a recuperare le pesanti perdite registrate in quasi un decennio di crisi: i livelli produttivi, infatti, si sono ridotti di circa un terzo, comportando la chiusura di oltre 120mila imprese e la perdita di 600mila posti di lavoro.

I dati  più allarmanti  riguardano il numero dei posti di lavoro persi con la crisi delle costruzioni, confermati dai dati delle Casse Edili che nei primi nove mesi del 2018 evidenziano una diminuzione sia del numero di ore lavorate, sia dei lavoratori iscritti rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente.

Unico dato positivo è quello sull’andamento degli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo anche non considerando gli effetti derivanti dal sisma-eco bonus poiché, trattandosi di interventi complessi e globali, necessitano di maggior tempo per essere avviati e dunque per impattare sui livelli produttivi.

I segnali di rallentamento dell’economia nazionale ed internazionale rendono molto incerto l’andamento del settore delle costruzioni per l’anno in corso e per il successivo. Anche per il 2020 si prevede un ulteriore aumento, leggermente superiore a quello prefigurato per il 2019, che si riflette in tutti i comparti di attività.

Occorre un impulso maggiore dalle opere pubbliche in considerazione delle misure di sostegno agli investimenti previste nell’ultima Legge di Bilancio per il 2019 che, nelle stime governative, dovrebbero produrre l’effetto maggiore nel biennio 2020-2021.

Resta, tuttavia molta incertezza sull’intensità di tale crescita a causa, ancora una volta, di ostacoli di varia natura che frenano la spesa delle risorse stanziate: dai tempi di attuazione degli investimenti in opere pubbliche, all’attesa di una revisione del Codice dei contratti annunciata più volte dal Governo, fino ad arrivare ad un rallentamento dei cantieri, in corso o in programma, per le grandi opere.

Due giorni fa, il 20 marzo, dopo una lunga discussione politica durante la quale l’Ance ha chiesto un atto di coraggio per sbloccare l’Italia, per dare un reale impulso alle opere pubbliche ferme o da avviare, è stato approvato il Dl Sbloccacantieri.

Avevamo chiesto di cambiare pagina con regole chiare e procedure veloci e trasparenti; avevamo chiesto di semplificare le procedure a monte invece vediamo che si fa ricorso a commissari dotati di ampi poteri di deroga al Codice, al massimo ribasso senza l’obbligo dell’esclusione automatica dell’offerta anomala; avevamo proposto al Governo un pacchetto di norme efficaci che può sbloccare veramente i cantieri senza cedere nulla in fatto di trasparenza e legalità e invece ci sembra di capire che si sta scegliendo un’altra strada meno utile al settore e al Paese intero; avevamo chiesto di approvare subito un pacchetto di misure urbanistiche, edilizie e fiscali per rilanciare la rigenerazione urbana.

Il clima sembrava costruttivo, ma gli esiti sono stati deludenti. La nostra città è ferma la nostra provincia è ferma, la nostra Irpinia è ferma. Non ci sono lavori, non c’è lavoro. Alcuni cantieri strategici oggi sono fermi.

Le opere incompiute sono sotto gli occhi di tutti. Le imprese per lavorare si spostano in altre regioni o addirittura all’estero. I disservizi sono tantissimi e i cittadini sono stanchi.

Chiediamo a gran voce al Governo Regionale di programmare e di riattivare il settore delle costruzioni in Irpinia, una terra troppo spesso dimenticata che oggi rivendica lavoro e sviluppo. L’edilizia è stanca di aspettare. Chiediamo risorse, progetti, fattibilità e velocità delle procedure. Noi siamo pronti, restiamo nella nostra Terra e chiediamo di essere ascoltati. Siamo certi che se le costruzioni ripartono, con noi riparte l’intera economia provinciale e regionale.

Michele Di Giacomo

presidente Ance Avellino