E’ il nono suicidio. A colloquio con la sociologa Delli Gatti

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Avellino – Una triste e drammatica storia per un gesto inspiegabile e non facile da comprendere. Sul caso abbiamo intervistato la sociologa Patrizia Delli Gatti.
Perché una ragazza o un ragazzo decide di togliersi la vita?
“E’ voler sfuggire dal malessere. Scappare dalle sofferenze perché non si regge più.
Può rappresentare un volersi punire?
“No, è un gesto estremo e si è coscienti di darsi la morte”.
Insomma, il suicidio in molti casi è l’evento risolutore di ogni problema. Togliersi la vita per sfuggire da una situazione sentita come insopportabile; in conseguenza della perdita di una persona cara; come castigo per espiare un errore reale o immaginario e nei casi estremi, come ci insegna la letteratura, anche per rischiare la propria vita al fine di mettere alla prova se stesso.
In questi quattro primi mesi del 2006 sono stati nove i casi di suicidio nella nostra provincia. Secondo Lei qual è la ‘molla’ che spinge l’essere umano a porre fine alla sua esistenza?
“Non è possibile generalizzare e attribuire le stesse cause a ciascun suicidio. In via generale la causa principale è la solitudine soprattutto quando a compiere tale gesto sia stato un ragazzo. La società di oggi rivolge particolare attenzione ai più giovani ma sembra essere inutile o quantomeno insufficiente: molti ragazzi infatti continuano a provare una sorta di isolamento. In parole semplici, i rapporti tra coetanei spesso si rivelano non profondi, veri, ma solo di facciata. Rapporti che inducono al malessere interiore. Ed è proprio quella sofferenza che può esplodere e sfociare nel suicidio. Purtroppo, spesso questo disagio non viene individuato, ascoltato, osservato dai ‘grandi’”.
Un litigio tra fidanzati o la fine di una relazione sentimentale può indurre al suicidio?
“No, è solo una goccia… che si va ad aggiungere al malessere interiore che ha già fatto il suo ‘percorso’. Dobbiamo imparare ad aprire il nostro stato d’animo quando avvertiamo qualche disagio, quando nella nostra mente scatta la convinzione di essere stati sconfitti”.
Quale è il ruolo della famiglia?
“E’ fondamentale. I genitori devono avere la capacità di essere attenti, di saper ascoltare e osservare. Devono dedicare più tempo, quello necessario. Il genitore deve fare il genitore. Deve dare orientamento e non deve porre quei paletti che non fanno altro che aggravare il rischio di malessere”.
E il ruolo degli amici?
“Devono saper relazionare. Il confronto è importante e saper ascoltare se stessi significa saper ascoltare coloro dei quali ci circondiamo”.
Alcuni suicidi purtroppo sono stati l’epilogo di una crisi sentimentale. Oltre all’amore su cosa si deve basare un rapporto sentimentale?
“Amare la propria ragazza o il proprio fidanzato non basta. La coppia deve parlare, deve saper scrutare, deve accorgersi che certi comportamenti possono degenerare. Il rapporto deve basarsi sul sostegno, sull’aiuto, sulla ricerca delle ‘coordinate’”.
Quando un figlio muore perché si è tolto la vita il dolore del genitore è immenso.
“Sì. E’ un dolore indescrivibile… innaturale. Un genitore tenta a colpevolizzarsi, ha sensi di colpa”.
Un dato allarmante è il progressivo aumento di suicidi nei giovani: questo non solo testimonia le difficoltà incontrate dal ragazzo durante il suo percorso di identificazione e di emancipazione, ma esprime anche un disagio dell’intera società. Insomma, la società deve mettersi una ‘mano sulla coscienza’ nell’impegno di comunicare valori e significati esistenziali e nel fornire gli strumenti necessari per il costituirsi di un senso d’identità solido e forte.

Dopo l’ennesima tragedia, il triste bilancio
Ancora un suicidio nella nostra provincia. Il gesto insano compiuto da L.S. è il nono dall’inizio dell’anno. La maggior parte sono giovani e quello della 25enne commessa di Avellino è il terzo nel solo mese di aprile. Tre a gennaio, uno a febbraio e tre a marzo. Stando ai dati, dall’inizio del 2006 si sono avuti ogni mese tre suicidi. L’ultimo e speriamo non solo in ordine di tempo, è proprio quello che si è verificato nel pomeriggio di venerdì in Via Circumvallazione dove L.S. si è lanciata dal quarto piano. La ragazza si era recata a casa del fidanzato, con il quale aveva litigato da alcuni giorni. Una discussione come tante. Litigi che tra fidanzati si verificano spesso e che nella maggior parte dei casi sono accompagnati da un silenzio di due, tre giorni. Litigi di routine quotidiana. Ma forse il non vedersi e sentirsi per L.S. era diventata una condizione insopportabile. Di qui la decisione di andare a casa del fidanzato. Arrivata nel condominio di Via Circumvallazione, la 25enne non notando la presenza del ragazzo, in quel momento fuori città per lavoro, sarebbe stata colta da un’angoscia talmente forte che l’avrebbe indotta ad aprire la finestra delle scale e lanciarsi nel vuoto dal quarto piano. (di Emiliana Bolino)

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