Dolce Vita, in Cassazione il ricorso della Procura contro i dissequestri a Festa e Costantino

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AVELLINO- Un nuovo “round” davanti ai magistrati della Suprema Corte di Cassazione nell’inchiesta Dolce Vita. Quello che il prossimo tre dicembre sarà discusso davanti ai magistrati della VI Sezione Penale della Cassazione dove arriva l’impugnazione proposta dalla Procura di Avellino contro l’ordinanza del luglio scorso con cui i giudici della Sezione Feriale del Tribunale del Riesame (misure reali) di Avellino hanno annullato il sequestro di 40mila euro nei confronti dell’ ex sindaco Gianluca Festa e di 25mila euro nei confronti dell’imprenditore Marcello Costantino dopo la notifica della seconda misura cautelare. La vicenda processuale riguarda “marginalmente” la posizione di Festa, visto che nei suoi confronti, diversamente da Costantino, il sequestro e’ stato riproposto per ben tre volte (per cui si profila una eventuale non partecipazione della sua difesa). Per cui sarà più oggetto la somma restituita all’imprenditore finito nell’inchiesta di Carabinieri del Nucleo Investigativo e Aliquota di pg della Guardia di Finanza presso la Procura di Avellino. 

LA DECISIONE
L’omissione di motivazione circa la sussistenza del periculum in mora giustificativo del sequestro nell’ordinanza eseguita lo scorso 10 luglio. Questa la motivazione per cui i giudici della Sezione Feriale del Riesame per le misure reali di Avellino (presidente Raffaele Califano, giudice estensore Elena Di Bartolomeo, giudice a latere Maria Rizzi) avevano annullato ad agosto il sequestro nei confronti dell’ex sindaco di Avellino Gianluca Festa (40mila euro che avrebbe ricevuto dagli imprenditori) e dell’imprenditore Marcello Costantino (25mila euro). La valutazione dei giudici ha riguardato due profili. L’unico motivo proposto dalla difesa di Gianluca Festa, gli avvocati Luigi Petrillo e Concetta Mari, ovvero l’illegittimità dell’ordinanza di sequestro per omessa motivazione sulla sussistenza del periculum in mora, che era stato anche uno dei motivi della memoria presentata dal difensore di Marcello Costantino, l’avvocato Domenico Carchia. Un profilo di nullità, quello avanzato dalle difese, che è stato ritenuto fondato dai giudici del Riesame. Il riferimento ad una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per cui il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla
confisca deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio”. I giudici hanno richiamato anche tutti i successivi provvedimenti che si sono conformati alla sentenza delle Sezioni Unite, evidenziando anche che nei procedimenti relativi a delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare nel rispetto dei crileri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio. Nel caso specifico i magistrati hanno rilevato come nell’ordinanza emessa l’otto luglio scorso ed eseguita il 10 luglio: “Nulla dice, invece,il giudice in ordine alle esigenze che giustificano un’anticipazione dell’apprensione dei beni materiali ad un momento precedente la confisca, né potrebbe ritenersi, sulla scorta della giurisprudenza richiamata, la motivazione in re ipsa stante la “”volatilità” del denaro”. Il Riesame non può integrare la motivazione “omessa” in ordine al periculum in mora, la stessa e’ stata recentemente riconosciuta limitatamente ai provvedimenti adottati prima dell’intervento delle Sezioni Unite. Oltre alla mancata motivazione, i giudici del Riesame hanno ritenuto fondato un altro motivo presentato dal difensore di Costantino Marcello, l’avvocato Domenico Carchia. La norma del codice per cui nei confronti dell’imprenditore che sarebbe autore della corruzione è consentito il sequestro del solo profitto e non anche del prezzo del reato. Ne consegue che, nei suoi confronti, il sequestro finalizzato alla confisca anche per equivalente può avere ad oggetto esclusivamente il profitto del reato. Il sequestro di venticinquemila euro nei confronti di Costantino Marcello, come emerge anche nell’imputazione provvisoria e ritenuto dallo stesso giudice, non è il profitto del reato (ossia l’indebito vantaggio o utilità che il ricorrente avrebbe ricavato dalla condotta illecita) ma la somma corrisposta all’ex sindaco per ottenerne i favori e, quindi, il prezzo del reato.