Corto e a Capo, l’attore Paolantoni si racconta: “Mestiere difficile, bisogna avere tanto coraggio”

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“Ho scritto la storia che accompagnerà il mio corto, il mio primo corto. Ma non svelerò nulla. Posso solo darvi due indizi: amo lo stile fantasy americano e presenterò il mio lavoro il prossimo anno”.

Così Francesco Paolantoni, attore di grande spessore artistico ed umano che, questa sera, salirà sul palco di ‘Corto e a Capo’ a Venticano.

Sarà proprio Paolantoni a premiare i vincitori del Festival internazionale del cortometraggio e a chiudere l’evento in modo sorprendente ed unico come solo lui sa fare.

L’attore ha rilasciato, in esclusiva, un’intervista ad Irpinianews, attraverso la quale oltre ad annunciare l’uscita del suo primo corto, lascia trasparire tutta l’emozione racchiusa nell’appuntamento di questa sera.

Un evento che accende i riflettori su progetti ambiziosi e sulla valorizzazione dell’arte e del cinema in Irpinia.

Paolantoni ha iniziato il suo lungo percorso artistico negli anni ’80. Dal teatro, al cinema fino al piccolo schermo ha saputo indossare i migliori ‘abiti’ dell’Arte. Stefano Sarcinelli, Giobbe Covatta e Vincenzo Salemme sono solo alcuni degli artisti che hanno collaborato con lui.

La consacrazione arriva a metà degli anni ’90 grazie ai vari personaggi presentati nella trasmissione condotta dalla Gialappa’s Band ‘Mai dire Gol’.

Paolantoni, il cortometraggio ha una marcia in più rispetto ad un palco o al grande schermo?

“Ogni progetto racchiude in sé una grande forza, dal cinema al teatro, l’obiettivo è trasmettere emozioni, travolgere il pubblico, ovviamente con modalità diverse.

Il corto, protagonista indiscusso del festival ha una caratteristica unica, superare lo schermo in cinque, dieci o quindici minuti, e raccontare una storia, che sia divertente o riflessiva.

La sintesi della storia deve colpire nell’immaginario. E’ un esercizio di stile molto importante ed è la base migliore per i futuri registi. Il corto ha un solo obiettivo lasciare un segno. E stasera sarà premiato, proprio chi è stato capace di colpire dritto a quell’obiettivo”.

Quanto è importante questo festival per i giovani o i professionisti che si approcciano alla realizzazione di cortometraggi?

“Credo sia molto importante realizzare simili eventi, per i corti c’è un circuito molto limitato, bisogna far conoscere chi li produce e li mette in opera, bisogna saper valorizzare e, questo festival è importante proprio per questo”.

Il tema della quarta edizione di Corto e a Capo è legata al documentario ‘Se resto è perché’.

Restare o addirittura dopo esperienze fatte anche all’estero, ritornare e valorizzare così le eccellenze irpine.

“Spesso risulta più facile andar via che restare. Ci vuole coraggio a restare, a rischiare, a scommettere sulle proprie competenze. Sono convinto, però, che anche in momenti critici come quello che sta vivendo il nostro Paese, i traguardi non sono un miraggio. Bisogna credere nelle proprie forze e competenze.

Il coraggio, però, va anche premiato e, in particolare nel mio campo, nessuno lo fa più, il teatro ha subìto negli anni un forte declino, è andato a morire, perché non vengono valorizzati gli spettacoli e gli attori che hanno fatto di quella professione il loro cammino d’amore”.

Faccia un augurio a chi intraprende questo percorso.

“Determinazione, pazienza e consapevolezza. E’ questo che auguro a tutti coloro che intraprendono il lungo e, purtroppo, difficile cammino nel mondo del cinema o teatro. Bisogna essere consapevoli che i tempi sono cambiati, che i messaggi che lancia la televisione sono fondamentalmente sbagliati: non si diventa famosi improvvisando. Bisogna studiare, imparare a superare gli ostacoli. Bisogna incassare anche tante delusioni e sconfitte. Non è semplice. Ormai viviamo nell’era dell’apparire e non dell’essere, per questo motivo dico ai giovani di avere molto più coraggio, molto di più di quello che abbiamo avuto noi”.