Cooperazione sociale: Unisa studia il modello “L’isola che c’è”

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L’Università degli Studi di Salerno ha dedicato una ricerca alla Cooperativa Sociale “L’Isola che c’è”, una realtà nata nel gennaio del 1996 a Solofra, in provincia di Avellino, grazie a un gruppo di donne appassionate del sociale. Questa iniziativa è stata avviata in risposta alla carenza di servizi per l’infanzia e l’adolescenza, particolarmente evidente nel Sud Italia.

Sotto la guida di Speranza Marangelo, la cooperativa ha scelto di evolversi da un’associazione di volontariato a una vera e propria impresa sociale. Questa decisione  ha segnato l’inizio di una sfida ambiziosa: coniugare ambizioni lavorative, passioni e solidarietà in un’area tradizionalmente povera di cultura sociale. La cooperativa ha sede tra l’Irpinia e Salerno, lungo un percorso che simboleggia l’unione e la collaborazione tra queste due province. Qui, l’impresa sociale ha sviluppato una serie di iniziative volte a promuovere il cambiamento sociale e a seminare buone prassi nel territorio.

Nel corso degli anni, “L’Isola che c’è” ha realizzato numerosi progetti significativi. Dopo l’apertura del primo asilo comunale di Solofra nel 1997, ha inaugurato nel 2005 il primo asilo interaziendale, un servizio innovativo pensato per conciliare i tempi del lavoro con quelli della cura familiare.

La cooperativa ha poi ampliato la sua attività a sostegno della genitorialità e della salute psicofisica dei bambini, inclusi quelli disabili, offrendo supporto già dalla fase neonatale e specialmente nei casi di monogenitorialità. Questo approccio ha portato naturalmente a occuparsi della violenza di genere, tema affrontato attraverso l’intervento discreto e competente di avvocate, psicologhe e assistenti sociali.

Dal 2016, la cooperativa gestisce il centro antiviolenza “Nemesi” e dal 2018 il centro “Malala”, entrambi punti di riferimento per il contrasto alla violenza di genere nel territorio. L’integrazione con altre agenzie locali, scuole, associazioni di volontariato e gruppi sociali è stata fondamentale per promuovere il reinserimento nella vita civile e relazionale. Un altro importante contributo della cooperativa è stato il recupero e la valorizzazione di beni culturali. Un esempio significativo è il progetto “Itinera – Itinerari per l’Innovazione Sociale”, che ha riportato alla comunità lo storico Palazzo Macchiarelli a Misciano di Montoro, trasformandolo in un centro di aggregazione socio-culturale.

Speranza Marangelo, riflettendo sui 27 anni di attività della cooperativa, ha sottolineato l’importanza di coltivare il cambiamento culturale per migliorare la qualità della vita e promuovere l’orgoglio e l’appartenenza al territorio irpino e al Sud Italia. Ha evidenziato come il territorio, nonostante le sfide, dimostri grandi risorse e potenzialità.

La storia e le buone pratiche della cooperativa sono state raccolte nel libro “L’Isola che c’è. Un’utopia chiamata Speranza”, scritto dai professori Massimo Del Forno e Rossella Trapanese e pubblicato da Franco Angeli. Gli autori, coinvolti nelle attività di Terza Missione in Irpinia, sono rimasti colpiti dalla storia al femminile e dalle iniziative cooperative della cooperativa. La pubblicazione, che fa parte della collana “Welfare, innovazione e sostenibilità sociale”, è disponibile gratuitamente online.