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“Contro i neri e contro i gay”: lì dove ad Avellino l’ignoranza diventa indegna

Pasquale Manganiello – Partiamo dai due episodi.

Tra Corso Umberto e via Francesco Tedesco ad Avellino, sabato scorso i residenti hanno appeso ai loro balconi lenzuola bianche in segno di protesta per l’arrivo di un gruppo di richiedenti asilo nei locali un tempo occupati dalle suore Stimmatine.

Nella notte dopo la festa della Candelora ignoti hanno imbrattato la tabella inaugurata in occasione del pellegrinaggio con recante la scritta: “Ospedaletto d’Alpinolo è contro la omotransfobia e la violenza di genere”. Sulla targa è stato scritto con la pittura nera: “ricchioni pedofili”, una frase tutta inscritta nella cultura omofoba che associa omosessualità alla pedofilia.

Migranti in centro ad Avellino

Nel primo caso l’esasperazione per la gestione emergenziale di un fenomeno strutturale come quello dell’immigrazione non può giustificare una protesta chiaramente di stampo razzista che poco ha a che fare con tutti i crismi della solidarietà e dell’umana comprensione. “Non sono razzista ma…”, “Perchè non te li prendi a casa tua”, rimangono frasi gettonatissime, con i social che amplificano in maniera esponenziale un quadro della situazione già di per sè tragico.

E’ qualcosa che, a quanto pare, non si può fermare e con cui bisogna fare i conti smettendola di mettere la polvere sotto il tappeto. Sembra superfluo scriverlo eppure molti, moltissimi ancora credono che i famigerati 35 euro al giorno destinati ai migranti nei centri di accoglienza entrino nelle tasche di questi ragazzi. I 35 euro al giorno, soldi nostri, vanno alle cooperative che gestiscono i migranti, i quali percepiscono soltanto 2,50 al giorno. Se glielo dici non ti credono. “Sono loro che ti fottono il lavoro”.

Eppure io non ho visto lenzuola bianche sventolate dalle finestre quando il Governo, in una sola notte, ha stanziato 20 miliardi di euro (non 20mila euro ma 20 miliardi) per salvare con i nostri soldi una banca fallita. Non ho visto nessuno scendere in piazza quando pochi giorni fa è stato sviscerato il dato della disoccupazione giovanile salita al 40%, con più di 100mila giovani all’anno che scappano all’estero. Non ho visto nessuno alzare la voce per l’ennesima manovra correttiva da 3,5 miliardi che entro aprile pagheremo sulla nostra pelle. No, la colpa è dei migranti. La colpa è di questa gente che attraversa il mare in condizioni pessime per fare qualcosa che ognuno di noi farebbe: provare a non morire.

 

La targa imbrattata ad Ospedaletto

Nel secondo caso parliamo di un fatto deprecabile e vergognoso che intercetta la sfera etica della nostra quotidianità. Alcune persone, probabilmente molte, non accettano che un uomo possa amare un uomo o che una donna possa amare una donna. Non accetta che ognuno di noi possa essere quello che è, possa non andare contro la sua natura. Lo scorso anno pubblicammo un’intervista ad una coppia gay (leggi qui) che, forse proprio per i motivi che contraddistinguono fenomeni come quello sopracitato, decise di utilizzare degli pseudonimi. Anche allora non mancarono commenti indegni. Molte critiche furono rivolte ai due ragazzi anche da alcuni omosessuali avellinesi, i quali li accusavano di non aver avuto il coraggio di esporsi. L’anonimato è ispirato dalla paura e da situazioni personali distinte e, il più delle volte, controverse.

Ricordo un episodio, poco meno di un anno fa, raccontato da “La Stampa”. Un ragazzo di Torino dichiarò al quotidiano: “Voglio metterci la faccia, altrimenti avrebbero vinto loro: quelli che volevano che ci nascondessimo, che ci negavano anche la nostra identità rifiutandosi di chiamarci per nome”. Il giorno dopo, Mattia fu avvicinato e picchiato, non lontano da casa. Fu medicato all’ospedale Martini, con sei giorni di prognosi. Poi sporse l’ennesima denuncia alla polizia del commissariato San Paolo.

Non c’è legge Cirinnà o normativa parlamentare che possa sovvertire questa ondata di odio nei confronti delle minoranze. Come scrive Roberto Saviano: Potremmo comprendere che ciò che detestiamo, ciò che non sopportiamo, ciò che vorremmo lontano da noi, in realtà ci somiglia. E che l’odio e la repulsione nascono dalla mancanza di conoscenza, dalla paura dell’altro. Di un altro che ci sembra troppo diverso perché si possa avere un reale contatto.”

Parole sante.

 

 

 

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