La recentissima storia di rapporti tesi tra una ragazza e il padre, indagato di maltrattamenti innescati dal rifiuto di accettare lo stile di vita della figlia, ritenuto “troppo occidentale” e non condiviso dal nucleo familiare, è solo uno dei tanti casi di violenza sulle donne che ha visto l’intervento dei Carabinieri del Comando Provinciale di Avellino.
Questa grave tipologia di reato ha assunto nel corso degli anni una valenza sempre maggiore e oggi purtroppo è più che mai drammatica, caratterizzata da una violazione dei diritti umani, dell’integrità fisica e psicologica, della sicurezza, della libertà e della dignità della persona. Non conosce differenze geografiche o culturali, è diffusa a tutte le latitudini e in qualsiasi ambito socio-culturale, non ha età, in quanto scaturisce dalle distorsioni culturali, sociali e psicologiche del rapporto uomo-donna. La comunicazione e la sensibilizzazione sul problema rappresentano uno strumento essenziale per la lotta alla violenza.
Proprio in tal senso la prevenzione e il contrasto che l’Arma dei Carabinieri pone è sempre massima anche in un territorio come quello irpino. Presso la sede del Comando Provinciale di Avellino ed in altri reparti presenti su tutto il territorio vi sono sottufficiali, sia uomini che donne, che hanno frequentato specifici corsi di formazione, preparati per accogliere le vittime e ricevere denunce da donne oggetto di violenze od abusi informando l’Autorità Giudiziaria ed i Servizi Sociali, non abbandonandole ma accompagnandole, e nei casi più gravi anche proteggendole, nell’iter che segue alla denuncia.
Quanto appena descritto e quindi sulla grande sensibilità mostrata dalla Benemerita verso questa problematica così atroce e silente, trova un primo grande riscontro ricordando che già il 21 gennaio 2009, di concerto con il Ministero delle Pari Opportunità, in seno al Reparto Analisi Criminologiche del Ra.C.I.S. (Raggruppamento Carabinieri Indagini Scientifiche) è stata istituita la Sezione Atti Persecutori, dando attuazione ai dettami della legge 38/2009.
In particolare il Comando Provinciale dei Carabinieri di Avellino, che da anni è attivo nel contrastare questa terribile piaga sociale e culturale, è stato tra i primi in Italia, nell’agosto 2013, ad applicare la citata “Legge sul femminicidio”, irrogando la misura dell’allontanamento dalla casa famiglia ad un uomo di questa provincia responsabile del reato di “stalking”.
Il “ciclo della violenza” conduce al progressivo isolamento della donna maltrattata che pensa di vivere una anomala situazione di disagio, di cui, a volte, si sente addirittura responsabile. Un breve vademecum, può fornire dei suggerimenti utili:
* non confidare sui cambiamenti di carattere e di comportamento promessi da un partner violento e non lasciarsi influenzare negativamente dalle sue offese e dalle sue minacce;
* in caso di ferite o lividi andare quanto prima al Pronto Soccorso di un ospedale e dichiarare la verità;
* chiamare appena possibile il “112”, Numero Unico Europeo per le Emergenze;
* rivolgersi ad un centro di orientamento sui diritti della donna, che può dare consulenze legali, bancarie e psicologiche gratuite o contattare il servizio “1522”, i cui operatori forniscono alle vittime, assicurando loro l’anonimato, un sostegno psicologico e giuridico nonché l’indicazione di strutture pubbliche e private presenti sul territorio a cui potersi rivolgere.
Il 17 dicembre 2018, presso la Caserma “Litto”, sede del Comando Provinciale, sono stati inaugurati degli ambienti protetti per aiutare donne, minori e tutte le vittime di situazioni di violenza di genere a riconquistare la dignità e la serenità perdute.
Uno spazio riservato, nel quale potranno raccontare gli abusi le violenze e le vessazioni subite, in un ambiente sereno armonico ed accogliente.
La stanza è dotata di impianto di videoregistrazione per le audizioni protette utilizzate dalla Magistratura.
Tutto ciò, al fine di raccogliere, nella massima riservatezza ed in un ambiente non promiscuo agli uffici di ricezione del pubblico della Caserma, le denunce di minori e/o di donne vittime di reati violenti o contro la famiglia, spesso accompagnate da figli minori, assistenti e parenti, che analogamente necessitano di essere accolti in “spazi protetti”.