Renato Spiniello – Avvocati e inquirenti dibattono sul Codice rosso e sulla costante crescita del reato di Revenge porn. Un interessante convegno organizzato con il patrocinio dell’ordine degli avvocati di Avellino a cui, alternandosi sulla piattaforma online Google Meet, hanno partecipato diversi relatori. Il senso dell’iniziativa era proprio quello di affrontare i reati di diffusione illecita di immagini o video di contenuto sessuale in modo trasversale.
Seppur “troppo approssimativa”, come è stata definita in apertura di dibattito dal presidente dell’ordine degli avvocati di Avellino Antonio Barra, la legge 69 del 2019 è per la professoressa Carla Pansini dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope “una grande conquista. Il testo presenta luci ma anche ombre – aggiunge la docente -. Bene introdurre nuovi reati come quello di Revenge porn, ma l’inasprimento delle pene non ha dissuaso dal commetterli. Occorre molta più prevenzione, a partire dalle scuole, e non sottovalutare segnali propedeutici a comportamenti ben peggiori”.
Proprio sul Revenge porn si è concentrata nel suo intervento l’avvocato Paola Buonaiuto del Foro di Avellino. “Prima del 612 ter – spiega la legale – non esisteva una normativa ad hoc e reati come la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti venivano sanzionati come altri crimini. Restano tuttavia vuoti normativi come la mancata tutela delle vittime di violenza sessuale: in caso di suicidio delle stesse non è prevista responsabilità o aggravante da parte dei diffusori delle immagini”.
Particolarmente critico sul testo il sostituto procuratore della Repubblica di Avellino Vincenzo Russo. “Le difficoltà non sono tanto operative ma interpretative – scandisce il pm -. Si tratta di una legge formulata davvero molto male per scelte tecniche e politiche che ha ricevuto critiche dalle unioni camerali penali italiane”. In particolare il magistrato ha contestato la cosiddetta clausola di residualità: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato si legge, ma non viene spiegato rispetto a quale reati sarebbe meno grave”.
Bisogna evitare le cosiddette catene di Sant’Antonio, ovvero la condivisione di immagini e video tramite social network, e dare il giusto supporto alle vittime nella fase di ascolato, per questo – come spiegato dal capitano Pietro Laghezza, Comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino – “L’Arma dal 2009 ha istituito la Sezione Atti Persecutori che svolge le proprie attività in sinergia con le altre due Sezioni del Rac. Tra le funzioni principali c’è quella di formare professionisti che vengono impiegati sul territorio per ascoltare e dare il giusto supporto alle vittime che presentano denuncia. Non possiamo permettere – assicura il capitano Laghezza – che chi ha subito già una violenza venga ascoltata da operatori improvvisati o non adeguatamente preparati”.
Particolarmente toccante anche l’intervento della dott.ssa Caterina Sasso, coordinatrice CAV “Alice e il bianconiglio” che ha portato la testimonianza di donne che quotidianamente chiedono assistenza alla sua cooperativa, leggendo anche alcuni sms. Le conclusioni sono state affidate al senatore Francesco Urraro, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, che ha seguito l’iter legislativo che ha portato all’approvazione della legge.