Clan Sangermano, la Cassazione annulla l’ordinanza per Muto: si torna al Riesame

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VALLO LAURO- Clemente Muto potrebbe affrontare il processo che si sta celebrando davanti ai giudici del Tribunale di Nola per concorso esterno al clan Sangermano senza misure cautelari (attualmente sottoposto agli arresti domiciliari). I giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dal penalista Angelo Pignatelli hanno annullato l’ordinanza del Riesame di Napoli per il commercialista contro l’ordinanza del novembre 2022 del Riesame di Napoli che aveva riqualificato l’originaria imputazione di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo camorristico di cui all’art. 416-bis cod. pen., relativa al “clan Sangermano” capeggiato dai fratelli Agostino e Nicola Sangermano e ritenuto operante in diversi Comuni del territorio nolano e avellinese, in concorso esterno, ex art. 110 cod. pen., in detta associazione di stampo mafioso. Dall’indagine di Carabinieri di Castello di Cisterna e Dia, il professionista e’ accusato di aver svolto la sua opera professionale non solo in favore di Nicola Sangermano, come ammesso in sede di interrogatorio, “ma di tutto il gruppo Sangermano, occupandosi degli affari della Edil Sangermano (società del gruppo), degli investimenti terrieri per conto della moglie del boss Agostino Sangermano (Sepe Anna) ovvero della suocera di Nicola, di una congerie di società e di soggetti che gravitavano a servizio della famiglia, tutti riconducibili ad un unico centro di interessi”. Almeno tre i punti su cui il ricorso della difesa di Muto è stato ritenuto fondato. Il primo è legato alla mancata valutazione della memoria difensiva presentata in udienza. Poi ci sono i due episodi contestati. Quello relativo all’acquisto di un locale commerciale a Nola, per cui i giudici hanno ritenuto che la difesa “ha documentalmente dimostrato che i proventi della locazione dell’immobile, compresi i locali attigui acquistati successivamente dal.., sono sempre stati versati sui conti della Società senza che, si ribadisce, non vi sia prova della riconducibilità finanziaria o gestoria da parte di terzi. L’ulteriore circostanza che “l’amico” interessato all’acquisto dei locali attigui, il quale avrebbe ascoltato la conversazione con il legale del Nusco in modalità “viva voce” non è adeguatamente provata, se non quale congettura”. Poi c’è un altro episodio, legato al ruolo del professionista. In questo caso viene sottolineato come “Il rapporto professionale di lunga data e il carattere confidenziale del ricorrente con i fratelli Sangermano (non destinatari di pregresse condanne per associazione mafiosa) non sono sufficienti a ritenere dimostrata la conoscenza da parte del ricorrente delle attività illecite, contestate loro, per le quali il professionista si sarebbe adoperato. Anche gli episodi relativi al ruolo di intermediario per raggiungere i fratelli Sangermano ovvero per commentare vicende che li riguardano, ancorché si sia evidenziato il linguaggio frammentario e criptico utilizzato, non sono concludenti per lo scopo dichiarato, in assenza di ulteriori elementi che consentano di inquadrare la relazione amicale e professionale del ricorrente come concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, con apprezzabile rilevanza causale, diretto alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma associativo mafioso criminoso”. Su questo aspetto particolare dovranno a breve pronunciarsi di nuovo i magistrati del Tribunale del Riesame di Napoli in diversa composizione.