Dalla sentenza dei fidanzatini killer ai tre secoli al Nuovo Clan Partenio, per cui proprio tra qualche giorno sono attese le motivazioni, passando per il verdetto di Appello per la strage del bus di Acqualonga e il giudizio abbreviato per un altra organizzazione camorristica che aveva allungato i suoi tentacoli fino all’Irpinia. Quattro verdetti che hanno scandito sicuramente questo 2023 dal punto di vista giudiziario, chiudendo delle istruttorie lunghissime come quella davanti al Collegio presieduto dal giudice Gian Piero Scarlato e dai giudici Giulio Argenio e Lorenzo Corona per accertare l’esistenza dell’organizzazione criminale denominata “Nuovo Clan Partenio”.
Basti pensare che per giungere alla sentenza ci sono voluti mille giorni dal via al processo (1007 per la precisione), partito il 6 ottobre 2020 nell’aula bunker di Poggioreale e dopo sessantotto udienze, da un anno celebrate di nuovo nell’aula di Corte di Assise “Nunziante Scibelli” del Tribunale di Avellino. L’undici luglio, proprio nell’ aula Nunziante Scibelli e’ il presidente Scarlato (che tra l’altro era stato giudice anche al primo processo al Clan Partenio, quasi venti anni prima) legge il dispositivo della sentenza. Venticinque anni al boss Pasquale Galdieri, ventuno a suo fratello Nicola e a Carmine Valente, detto Caramella, condanne a più di 24 anni per Carlo Dello Russo. Una vera e propria stangata al Nuovo Clan Partenio, con condanne per quasi tre secoli di carcere. La sentenza arriva dopo cinque ore di camera di consiglio. In aula era presente anche il pm antimafia Simona Rossi e i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino che si sono occupati delle indagini. Si attendono le motivazioni e il processo di secondo grado.
I FIDANZATINI KILLER
“L’omicidio di Aldo Gioia fu ideato, organizzato ed eseguito dai due imputati in concorso fra di loro”. E’ uno dei passaggi chiave delle trentaquattro pagine di motivazioni della sentenza emessa il 24 maggio scorso (e depositata l’11 agosto) nei confronti di Giovanni Limata ed Elena Gioia, noti come i “fidanzatini” killer, condannati a ventiquattro anni di reclusione (così come aveva chiesto al termine della sua requisitoria il pm della Procura di Avellino Vincenzo Russo) per il delitto di Aldo Gioia, padre di Elena. La Corte di Assise di Avellino, presieduta dal giudice Gian Piero Scarlato, ha definito il processo per uno dei fatti più gravi di cronaca avvenuto negli ultimi anni in Irpinia. Il gravissimo fatto di sangue avvenuto intorno alle 22:30 del 23 aprile 2021 all’interno dell’appartamento della famiglia Gioia al civico 253 di Corso Vittorio Emanuele ad Avellino. Alle successive 22: 38 giungeva una telefonata alla sala operativa della Questura di Avellino da parte di una donna, si trattava di Liana Ferrajolo, moglie della vittima, per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine poiché il marito era stato accoltellato. In effetti Aldo Gioia era stato rinvenuto dal personale della “Volanti” riverso nel salone di casa. con la figlia Emilia che tentava di tamponare la copiosa perdita di sangue con una tovaglia. L’ uomo sarebbe deceduto poco dopo la mezzanotte del 24 aprile 2021 all’ospedale Moscati di Avellino.
LA STRAGE DEL BUS
Il verdetto di primo grado emesso a gennaio del 2019 dal giudice monocratico di Avellino viene ribaltato in Appello. Alle 17 del 28 settembre nell’aula del Tribunale di Napoli la presidente della Seconda Sezione Penale Maria Francica legge il dispositivo davanti a quasi tutte le parti, a partire dal magistrato che ha condotto l’istruttoria prr la Procura Generale di Napoli, il sostituto Stefania Buda e i difensori degli imputati. Ci sono anche alcuni familiari delle vittime, a partire da Giuseppe Bruno. La riforma della sentenza di primo grado per Castellucci Giovanni, Mollo Riccardo, Fornaci Massimo Giulio, Perna Marco, condannandoli a sei anni per il capo C, riconoscendo agli stessi l’attenuante del risarcimento del danno prevalente sull’aggravante invocata. La riforma della sentenza di primo grado ha portato alla rideterminazione delle pene inflitte dal Tribunale di Avellino per Giulio Spadavecchia e Paolo Berti a 5 anni. Rideterminata anche la sentenza per gli imputati De Franceschi, Marrone e Gerardi, per loro la condanna scende a 3 anni. Per Lametta Gennaro e Ceriola Antonietta, i giudici hanno deciso di dover riconoscere il non doversi procedere relativamente al capo A, ovvero alle ipotesi di falso per la revisione. Anche in questo caso ci sarà sicuramente appello in Cassazione.
CLAN SANGERMANO
Un altro verdetto relativo alla presenza criminale anche sul territorio irpino e’ quello emesso ad ottobre dal Gup del Tribunale di Napoli Chiara Bardi. Tredici anni e otto mesi al boss Agostino Sangermano, riconosciuto a capo del sodalizio mafioso, sono arrivate le condanne anche per il cognato Salvatore Sepe, dodici anni e due mesi, Onofrio Sepe, nove anni e quattro mesi, Paolo Nappi, otto anni e otto mesi, Buonincontri Giuseppe otto anni e quattro mesi. Assolto per non aver commesso il fatto sia dall accusa di associazione a delinquere che di rapina Ezio Mercogliano. Mezzo secolo (51 anni e 4 mesi) di carcere inflitto ai cinque imputati a fronte dei settantotto anni e quattro mesi per i cinque imputati di associazione a delinquere di stampo mafioso chiesti dal pm antimafia Pietro Raimondi al termine della requisitoria davanti al Gup Chiara Bardi. L’indagine dei Carabinieri di Castello di Cisterna e della Dia di Napoli aveva fatto scattare il blitz nel novembre del 2022. Anche in questo caso ci sarà sicuramente un processo di Appello.