Clan Pagnozzi, c’è il Riesame per i tre irpini coinvolti nel blitz dell’Antimafia

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SAN MARTINO VALLE CAUDINA- Dovranno comparire il prossimo quattordici novembre davanti ai magistrati della Decima Sezione del Tribunale della Libertà di Napoli i tre irpini finiti in carcere nell’ambito del blitz dei Carabinieri del Comando Provinciale di Benevento e della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli contro il cartello di gruppi legato al clan Pagnozzi che avrebbe imposto il controllo su una fascia di comuni della provincia di Avellino e Benevento.

La discussione dell’istanza presentata dall’avvocato Valeria Verrusio per Clemente Rinaldo, figlio del presunto boss Fiore Clemente, anche per lui discussione lo stesso giorno e per il cognato Umberto Vitagliano, detto o geometra. Tutti e tre hanno offerto al Gip Vinetti la loro versione dei fatti. A partire da Vitagliano, che avrebbe negato di aver mai avuto contatti con esponenti del sodalizio e in particolare di conoscere i giovani dei comuni di Moiano, Airola e degli altri comuni della Valle Caudina che avrebbero fatto parte del presunto sodalizio disarticolato dal blitz di due giorni fa.

I suoi contatti, per questioni familiari erano solo quelli con il cognato Clemente Fiore ed il nipote Clemente Rinaldo. Ma si trattava di contatti sporadici e senza nessun legame criminale. Clemente Rinaldo invece non ha negato di conoscere parte dei soggetti coinvolti nel blitz, specificando però che non si trattasse di contatti di natura criminale e soprattutto negando la sua partecipazione al presunto clan.

Il contatto era riferito e limitato solo alla circostanza che in quel periodo, ovvero tra il 2018 e il 2021, era impegnato sul territorio come rappresentante di prodotti alimentari. Lo stesso Clemente Fiore avrebbe negato ogni addebito. La sua è definita una figura egemone nell’ambito del sodalizio, anche di riferimento per tutto il cartello criminale che tra il 2018 e il 2021 avrebbe imposto sul territorio la sua supremazia in vari settori della vita economica e pubblica.

Molto probabile che anche in questo caso, la prima valutazione sul materiale probatorio raccolto dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Montesarchio coordinati dai pm antimafia Vincenzo Ranieri e Luigi Landolfi, i magistrati che hanno firmato insieme all’attuale Procuratore Aggiunto di Avellino e all’epoca dei fatti ancora alla Dda di Napoli Francesco Raffaele, le misure cautelari concesse dal Gip del Tribunale di Napoli.