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Clan Cava, scarcerazione più vicina per il boss “N’do’ N’do'”

QUINDICI- Le porte del carcere de L’Aquila, dove è detenuto in regime di 41 bis, potrebbero aprirsi molto prima del fine pena stabilito sulla base delle decisioni già pronunciate nei confronti di Antonio Cava, detto “N’do’ N’do'” , detenuto dal 2006. Il braccio di ferro tra la difesa e l’accusa in merito al riconoscimento del reato continuato tra i delitti commessi negli anni da Cava si è concluso con una chiara decisione favorevole al boss, dopo che la corte di cassazione aveva condiviso il ricorso per cassazione proposto dalla difesa ed ordinato un nuovo giudizio innanzi alla Corte di appello di Napoli. Infatti, in sede di giudizio di rinvio è stato definitivamente riconosciuto il medesimo disegno criminoso tra il delitto associativo ed un episodio di estorsione per il quale Cava era stato condannato ad anni otto di reclusione .Non solo . L’autorità giudiziaria ha drasticamente ridotto la pena di ben anni sei e mesi sei di reclusione avendo inflitto per il delitto di estorsione legato dal vincolo della continuazione solo anni uno e mesi sei di reclusione ..Quella ottenuta dal cassazionista Dario Vannetiello, che ormai da molto anni non accetta più nuovi incarichi di merito e ‘ una decisione di rilievo. Quella di Cava era una vicenda processuale complessa che parte da lontano , ma i numeri della riduzione sono importanti. Nel maggio del 2022 i giudici della Corte di Appello di Napoli avevano ritenuto sussistenti gli elementi per la continuazione tra i fatti giudicati nell’ambito del cosidetto maxiprocesso al clan Cava dopo l’operazione denominata “Tempesta”, nella quale Antonio Cava aveva ricevuto una condanna alla pena di anni ventuno mesi undici giorni quindici di reclusione per il delitto di cui all’art, 416 bis c.p., essendo ritenuto uno dei capi e promotori del clan Cava e quello giudicato con la cosiddetta sentenza relativa al “Nuovo Clan Genovese” divenuta irrevocabile il 12/2/2018, di condanna alla pena di anni otto di reclusione per una tentata estorsione con metodo mafioso. La pena era rideterminata in anni ventisette, mesi cinque, giorni quindici di reclusione. Per la seconda vicenda processuale , infatti , in sede di incidente di esecuzione , era stata applicata una pena di cinque anni, invece che di otto anni inflitti alla fine del processo di merito. Pur a fronte di un risultato comunque favorevole , in quanto aveva portato alla detrazione di anni tre di reclusione , tale decisione fu impugnata in cassazione dall’ avvocato Vannetiello , ricorso accolto dalla Corte di cassazione , prima sezione penale, con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio circa la individuazione di una diversa pena per il delitto di estorsione . I giudici della Corte di appello di Napoli chiamati dalla Cassazione alla nuova pronuncia limitata solo alla determinazione della pena, hanno intanto confermato “L’ordinanza già adottata da questa Corte, oggelto dell’annullamento con rinvio, la quale ha ritenuto sussistente il vincolo dclla continuazione tra i reati oggetto delle sentenze sopra indicate, rilevando, con argomentazioni che vanno qui condivise che la condotta oggetto della sentenza del 5/3/2014 venne commessa in un’epoca in cui, come accertato nella sentenza del 16/7/2013, l’istante era a capo del sodalizio criminoso e che le relative modalità esecutive consentivano di ritenere il reato espressivo del programma criminoso dell’associazione, “in nulla differendo dalle altre ipotesi estorsive gid oggetto della medesinia sentenza della Corte di Appello di Napoli del 16 luglio 2013”. Ma sulla determinazione della pena, accogliendo quanto il penalista Dario Vannetiello aveva sostenuto nella sua impugnazione, hanno ritenuto che: “Nel caso in esame, la violazione più grave è senz’altro qucila di cui all art. 416 bis c.p., per la quale è stata comminata con la sentenza del 16/7/2013 la pena di anni 13 di reclusione aumentala per la recidiva ad anni 14. Ciò posto, ritiene la Corte che possano essere mantenuti fermi gli aumenti per la continuazione “interna’” stabiliti in quella sede , pari ad annì uno mesi sei di reclusione per ciascuna delle fattispecie estorsive di cui ai capi d), f), i) cd u), ad anni uno mesi cinque giorni quindici per l’estorsione di cui al capo l) e di mesi sei peri capi u) c v). Nella determinazione dell’aumento per la continuazione in relazione ai reato di estorsione gitdicato con sentenza del 5/3/2014 non può, a parere della Corte, non evidenziarsi la omogenità, quanto alle modalità esecutive ed al contesto spazio-temporale, della condotta con le estorsioni commesse ai danni di…, anch’esse peraltro commesse in costanza di latitanza. Ne deriva che esigenze di coerenza sistematica di uniformità impongano di determinare l’aumento in misura corrispondente a quello determinato per le analoghe condotte, dunque, nella misura di anni uno mesì sei reclusione, che appare congrua alla luce dei parametti di cui all’art. 133 c:p e dovendosi, peraltro, ragionevolmente ritenere che l’aumento sarebbe così stato determinato nel caso di simulaneus processus”. Quindi, invece che cinque anni, anche per l’estorsione contestata nell’ambito del processo all’operazione cosiddetta “Araba Fenice” , la pena deve essere di un anno e sei mesi. La pena finale, per tutti i numerosi reati commessi da Cava e’ stata così rideterminata in anni 23 mesi undici e giorni 15 di reclusione. Il boss infatti ha un fine pena temporaneo in quanto , sempre grazie alla argomentazioni giuridiche offerte alla Autorità ‘ giudiziaria dalla difesa, all’epoca sostenuta dall’avvocato Dario Vannetiello , neutralizzò il tentativo della direzione antimafia finalizzato a condannarlo per uno dei delitti della faida, quello di Crescenzo Bossone.

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