Clan Cava, pizzo nel nolano: assolto in Appello il boss Nino Giugliano

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NOLA- Un lungo braccio di ferro andato avanti per tredici anni e chiuso ieri dai magistrati della VI Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli con una sentenza di assoluzione nei confronti di uno degli esponenti di primo piano per l’Antimafia di Napoli della camorra nolana. Si tratta del sessantenne Carmine Giugliano, detto o bitt, proprio per il legame con la famiglia Cava, avendo sposato una cugina diretta del defunto boss Biagio Cava, difeso dai penalisti Gaetano Aufiero e Stefano Vozzella. Un legame che inizia negli anni 90 quello di Giugliano con la cosca quindicese. Per la Dda Giugliano sarebbe ora il capo del clan attivo nella zona di Nola, Saviano, Piazzolla di Nola e denominato Clan Giugliano, per cui e’ a processo davanti ai magistrati del Tribunale di Nola (il prossimo 12 giugno si dovrebbe chiudere l’istruttoria, in autunno ci dovrebbe anche essere la requisitoria del pm antimafia Ilaria Sasso). Lo stesso e’ stato gia’ condannato a venti anni di reclusione (con sentenza passata in giudicato) per associazione finalizzata al traffico di droga nell’area nolana.

LA VICENDA GIUDIZIARIA
Nel 2011 Giugliano, considerato il capozona del clan Cava nel Nolano era stato raggiunto raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per l’atto intimidatorio nei confronti di una ditta di autotrasporti nel nolano, che aveva subito l’incendio dei mezzi. Estorsione avvenuta per mezzo di cambio di assegni, una rata ad ogni festivita’ (Natale, Pasqua e Ferragosto) per il sostentamento ai detenuti, l’imposizione di gadgets natalizi ed infine la richiesta veicolata dallo stesso Giugliano di assumere un suo sodale (pure lui condannato con rito ordinario a sette anni e mezzo) tutto finalizzato a favorire il clan Cava. Nella stessa ordinanza, richiesta dall’allora pm antimafia Gianfranco Scarfo’ (attualmente aggiunto della Procura di Benevento) era contestata anche l’estensione ad un altro imprenditore, caduta però già in sede di udienza preliminare. Per questi fatti Giugliano era stato condannato in primo grado dal Gup del Tribunale di Napoli Anita Polito ad 8 anni di reclusione. In Appello la riforma della condanna che era passata a 6 anni e 8 mesi di reclusione. Ma a sorpresa la Cassazione nel 2015 annulla e rinvia tutto in Appello. Dopo poche settimane Nino Giugliano viene scarcerato, come è noto da allora avrebbe messo in campo il nuovo sodalizio dedito allo spaccio e al controllo del territorio.

L’APPELLO BIS
Ieri mattina il sostituto procuratore generale Vincenzo D Onofrio aveva chiesto la conferma della condanna nei confronti di Giugliano. I penalisti Gaetano Aufiero e Stefano Vozzella invece avevano nuovamente riportato le argomentazioni che avrebbero di fatto escluso un illecito nella condotta del loro assistito. A partire dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Scibelli. Ma anche le intercettazioni dell’imprenditore estorto, che si vantava di aver cacciato fuori Giugliano e il suo presunto sodale che gli volevano imporre l’assunzione del secondo. Nessuna estorsione, perche’ nel cambio assegni non c’era neanche ingiusto profitto, dal momento che tutte le somme corrisposte erano state interamente versate e nessuna richiesta estorsiva. Una tesi che insieme al perimetro tracciato dai magistrati della Seconda Sezione della Cassazione, hanno evidentemente convinto i magistrati ad assolvere il sessantenne. Le motivazioni non sono state ancora depositate.