di AnFan – “Quel telefono è mio, lui non c’entra nulla”. Ha risposto così un detenuto del carcere di Bellizzi quando gli agenti della polizia penitenziaria hanno fatto irruzione nel padiglione dei detenuti comuni e scoperto un recluso parlare al cellulare. A sorpresa è stato il compagno a prendersi la colpa. Sì, quello che non era in possesso del telefono.
La vicenda è venuta alla luce dal decreto di sequestro eseguito dagli agenti.
Si tratta dell’ennesimo caso nel penitenziario avellinese. I sequestri di cellulari sono quasi all’ordine del giorno. E non si riesce a capire come facciano ad essere introdotti nelle celle. In altri casi, comunque, i telefoni sono stati sequestrati nei padiglioni di alta sicurezza dove sono rinchiusi detenuti per reati di mafia e camorra.
In questo caso l’oggetto è stato trovato tra i detenuti comuni. Una conferma ulteriore della diffusione dietro le sbarre.
E’ un problema rilevante. Perché consente – anche a personaggio di elevato spessore criminale – di continuare a comunicare con l’esterno.
Gli agenti di polizia penitenziaria in servizio a Bellizzi hanno più volte denunciato la grave carenza di personale, che unita al sovraffollamento delle celle sta creando una situazione sempre più ingestibile dietro le sbarre.
Redazione Irpinia
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