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Cassazione annulla la sentenza: libera la moglie del boss Pagnozzi

In una delle tante azioni di contrasto allo storico clan Pagnozzi fu tratta in arresto, insieme ai sodali, anche la cinquantaseienne ed incensurata Rame Annamaria, moglie del boss Domenico Pagnozzi, soprannominato “ il professore”.

La condotta attribuita alla donna, dalla direzione distrettuale antimafia, era quella di aver retto il clan durante la sottoposizione al regime del carcere duro a cui  era ed è tuttora sottoposto il marito, coordinando i vari affiliati, ricevendo le direttive da costui, nonché costituendo talune società in cui reinvestire i profitti illeciti del clan, gruppo che aveva interessi sia in Campania che a Roma.

L’impianto accusatorio, fondato in larga parte su intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché su servizi di osservazione, controllo e pedinamento, è apparso fondato; tant’è che il 22 febbraio 2016, Rame Annamaria fu condannata in primo grado ad anni 12, poi ridotti ad anni 10 di reclusione il 23 maggio 2017 dalla Corte di appello di Napoli – VI sezione -.

Il verdetto emesso dalla Corte di Cassazione, relativo alla posizione di coloro che optarono per il rito abbreviato, è stato sorprendente. Hanno fatto breccia, nei supremi giudici, gli argomenti giuridici indicati nel
diffuso ricorso proposto dall’avvocato Dario Vannetiello.

Infatti, nonostante il Procuratore Generale dott. Elisabetta Cennicola avesse concluso per la inammissibilità della impugnazione proposta nell’interesse della sig.ra Rame, la Corte di cassazione – II sezione penale – presieduta dal dott. Diotallevi e che ha visto come relatore il dott. Pellegrino, ha accolto in pieno il ricorso proposto dall’avvocato Vannetiello ed ha annullato in toto la sentenza di condanna nei confronti della donna boss, ordinando un nuovo giudizio innanzi alla Corte di appello di Napoli.

Viceversa, sono stati dalla Suprema Corte dichiarati inammissibili i ricorsi proposti nell’interesse del commercialista Fiore Umberto (condannato per una pluralità di reati ad anni 11), dell’imprenditore Cavaiuolo Salvatore (condannato per concorso esterno ad anni 6), del boss Pagnozzi Domenico (giudicato responsabile in
tale processo solo per reati di minore allarme ad anni 5). Mentre la Corte ha rideterminato la pena nei confronti del braccio destro del boss, Silenti Ferdinando, in anni 10 e mesi 8 di reclusione, riducendola di un anno e dichiarando sugli altri punti inammissibile anche tale ricorso.

Dopo aver ottenuto l’annullamento della sentenza di condanna da parte dei giudici “romani” , sulla scia del risultato favorevole, l’avvocato Dario Vannetiello, in tempi record, ha ottenuto anche la remissione in libertà di Annamaria Rame, grazie ad una immediata istanza che ha fatto leva su un complesso calcolo dei termini di custodia cautelare previsti dal codice di procedura penale, modalità di calcolo che è stata anch’essa condivisa dalla Corte di appello di Napoli – VI sezione – riunitasi urgentemente in camera di consiglio per decidere sulla richiesta.

E così, dopo circa tre anni, la moglie del boss ritenuto a capo di una organizzazione tentacolare – operante a cavallo tra le province di Benevento ed Avellino, con diramazione nella zona di Napoli, zona San Giovanni a Teduccio, e
più recentemente anche nella città di Roma-, ha potuto lasciare la casa circondariale di Lecce ove si trovava detenuta in regime di alta sicurezza.

Adesso si dovrà attendere il deposito della motivazione della sentenza da parte della Corte di cassazione sia per conoscere quale, tra i tanti motivi di legittimità formulati dall’avvocato Vannetiello, è stato condiviso e sia per comprendere quali sono state le ragioni che hanno portato la Suprema Corte a dichiarare addirittura
inammissibili tutti gli altri ricorsi.

 

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