Clemency Burton-Hill scrisse un articolo il 21 ottobre 2014 per il sito della Bbc dal titolo: “Gesualdo: Glorious music and grisly murder”; ossia “Gesualdo: musica gloriosa ed un raccapricciante omicidio.”
L’articolo, apparso su uno dei principali network europei, intendeva evidenziari i vari aspetti della vita di Carlo Gesualdo, sia in merito alla grandiosità dal punto di vista artistico sia in merito alle ombre sulla sua vita privata.
“Una figura di fascino – si legge nell’articolo – che ha ispirato nel corso degli anni artisti come Igor Stravinsky, Aldous Huxley , Bernardo Bertolucci e Werner Herzog, innestando l’idea di inseguire Gesualdo quattro secoli dopo la sua morte e non è sorprendente se si considera i dettagli macabri e raccapriccianti della sua biografia.
Gesualdo era un principe nobile di una prominente famiglia aristocratica nel Regno di Napoli. A 20 anni sposò la sua 24enne cugina di primo grado, la leggendaria e seducente Maria d’Avalos, che aveva già due matrimoni alle spalle. Entrambi i mariti si dice siano venuti a mancare “in eccesso di felicità connubiale”.
La storia ci racconta che il 16 ottobre 1590 il principe avvertì Maria che, insieme ad alcuni suoi servi, sarebbe andato a caccia nel bosco degli Astroni, restando lontano per due giorni. Questa era solo l’ultima parte di un piano già preparato in ogni minimo dettaglio dal principe stesso. Nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17 ottobre 1590 i due amanti vennero colti in flagrante adulterio nella camera da letto di Maria e barbaramente trucidati.
Furono probabilmente le interessate delazioni che imponevano l’obbligo di “vendicare” col sangue l’offesa fatta al suo nome che spinsero il principe Carlo a compiere il delitto di Palazzo San Severo. Non è da escludere, comunque, l’eventualità che quel delitto potesse essere anche la conseguenza di oscure trame ordite contro il suo casato, in quegli anni assai potente e mal visto dal corrotto mondo della nobiltà napoletana Le circostanze lo giustificavano dal punto di vista della legge e del costume del tempo, tanto che il viceré Miranda, dal quale Carlo si recò immediatamente a dare notizia personalmente dell’accaduto, lo esortò ad allontanarsi da Napoli non per sfuggire alla legge, ma per non esasperare il risentimento delle famiglie degli uccisi.
Burton-Hill continua ad indagare sui dettagli biografici e lo definisce “guidato dai demoni”:
“Siamo più incuriositi dalla musica grazie alla quale sappiamo della sua storia di vita, o pensiamo che i dettagli orribili della sua biografia ci avvicinino alla musica stessa? Una cosa è certa: Gesualdo era sorprendentemente – anche diabolicamente – inventivo. La sua musica, ed in particolare la sua armonia, è rivelatrice. Sono sempre stato un credente del ‘prima e dopo’ i brani musicali: tutto quello che, una volta sentito, muta. E non dimenticherò mai la prima volta che ho sperimentato l’ascolto di Gesualdo, la memoria fa sì che abbia ancora la pelle d’oca, ondeggia sopra la mia carne. Il suono che usciva dagli altoparlanti era qualcosa che io non avevo mai sentito. Arie, armonie raccapriccianti, linee vocali la cui chiarezza cristallina era una forma di estasi sonora ma anche diabolicamente difficili da cantare. Qual è stato il ponte con questa musica folle? Ed in che stato emotivo era il compositore nel momento in cui stava scrivendo?
‘Quando pensi sia stato scritto?’, chiese un mio amico subito dopo l’ascolto.
‘La settimana scorsa?’
‘1611’, ha risposto. Sono quasi caduto dalla sedia.”
L’ammirazione del giornalista viene ribadita più volte nel corso dello scritto, con particolare riferimento a come Gesualdo sia andato con coraggio al di là di quello che qualsiasi dei suoi colleghi manieristi proponevano in quel periodo, anche nell’ avanguardia del focolaio musicale di Ferrara, dove si trasferì dopo il matrimonio con la seconda moglie. Infine il ritiro nel castello di Gesualdo dove la sua stella è continuata a brillare per oltre 400 anni.