Cantelmo e l’Irpinia: sette anni di inchieste e quel lascito di legalità

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Renato Spiniello – La sua ultima udienza si è tenuta martedì, la chiave del suo ufficio, al secondo piano di Palazzo di Giustizia, la girerà invece in mattinata, poche ore prima di compiere il 70° anno d’età. Rosario Cantelmo, Procuratore della Repubblica di Avellino, dopo ben sette anni lascia il suo ruolo di capo dei pm avellinesi per sopraggiunti limiti d’età.

Sette anni d’indagini e inchieste a cominciare dal dicembre 2012. Col suo arrivo ad Avellino, l’ex procuratore aggiunto di Napoli e i suoi sostituti hanno messo materialmente le mani su carte e fascicoli, aperto e svuotato archivi, chiamato a responsabilità senza timori reverenziali politica, istituzioni, sindacati, tecnici e rappresentanti del mondo imprenditoriale, dando il via a una stagione d’inchieste, in città come in provincia, che non si vedeva da tempo.

Grande attenzione è stata rivolta ai reati ambientali (Avellino prima in Italia ad applicare la legge che li ricomprende nel codice penale), ex Isochimica su tutte, ma anche la questione Valle del Sabato, Piazza Castello, le polveri sottili, croce degli ex sindaci Giuseppe Galasso e Paolo Foti, e la vicenda dell’elettrodotto del Goleto.

Poi le indagini sulla pubblica amministrazione: teatro Carlo Gesualdo, Acs, le concessioni edilizie al Comune di Avellino, il caso dei furbetti del cartellino dell’Asl di via Degli Imbimbo e gli scandali alloggi popolari e Aias-Noi con Loro, quest’ultimo che ha coinvolto la moglie dell’ex premier e leader della Dc Ciriaco De Mita. Senza dimenticare i traffici di droga. Del resto Cantelmo conosceva assai bene la provincia irpina, avendo indagato sui clan Cava e Graziano, molto attivi nel Vallo di Lauro.

Non si è tenuta nessuna cerimonia pubblica in questi giorni a Piazzale De Marsico, l’alto magistrato ha passato in rassegna in vari uffici di forze dell’ordine e di polizia con cui ha lavorato a stretto giro, ricevendo in cambio parole di sentito e commosso commiato.

Non è uomo da riflettori e telecamere, eppure il Procuratore ne ha di cose da dire. Ha sempre invitato la cittadinanza a non ripiegare su se stessa, ad andare avanti a testa alta e nel rispetto dei valori capisaldi di una società libera e avanzata. Invitato spesso a convegni e iniziative pubbliche, soprattutto nelle scuole, ha ammaliato la platea col suo basso tono di voce. Forse proprio per questo chi lo ascolta è ancora più prestato a porvi attenzione.

Durante la requisitoria dell’udienza preliminare sul disastro della fabbrica dei veleni di Borgo Ferrovia, rivolto al Gup, disse deciso: “La invidio giudice, lei sarà il primo dopo 25 anni a emettere una parola di giustizia per i lavoratori”. Si tratta dello stesso processo a cui, qualche mese più tardi, l’ormai ex capo dei pm avellinesi invitò a prendere parte in qualità di auditori i ragazzi di Libera: “Può essere un’importantissima lezione di vita” disse a un seminario. Un processo che di certo Cantelmo avrebbe voluto concludere perlomeno in primo grado, ma forse anche a causa della crisi sanitaria non ha potuto per i dilazionarsi dei tempi.

Portato a termine, invece, l’altro processo di grande impatto mediatico che ha condotto: quello nato dopo la strage di Acqualonga del 28 luglio 2013. In primo grado il dibattimento si è concluso con otto condanne e sette assoluzioni, tra queste quella dell’ex amministratore delegato di Aspi e Atlantia Giovanni Castellucci. Sulla sentenza pende tuttavia ancora il ricorso in Appello che si discuterà da ottobre. Cantelmo vi chiese una condanna esemplare. Ora quei fascicoli sono in mano ai pm della Procura Generale di Napoli. Inoltre, proprio il rinvio a giudizio di un ingegnere di Autostrade nell’ultima udienza a cui ha presenziato il fresco pensionato potrebbe influenzare ulteriormente il futuro dibattimento.

Aperte anche le vicende del Massimo Cittadino e le questioni Piazza Castello, Rio San Francesco, Dogana e Liceo Mancini (da poco dissequestrato). Infine un ruolo importante è stato ricoperto dal Procuratore anche nell’inchiesta della Dda di Napoli sul nuovo clan Partenio. La prima a indagare sul nuovo sodalizio criminale sorto all’ombra del Partenio è stata proprio la Procura avellinese, per poi passare la mano all’antimafia.

Dell’inchiesta si ricorderà particolarmente le minacce di morte del capo clan Pasquale ‘O Milord a Vincenzo D’Onofrio, aggiunto di Cantelmo e ora chiamato a reggere la Procura di Avellino da fine mese e fino alla designazione del nuovo Procuratore da parte del Csm. Troverà in eredità un ufficio che per diversi anni ha significato per questa città un presidio di legalità.