Camorra, le difese in aula: il Nuovo Clan Partenio non esiste, accuse inventate dal nulla

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AVELLINO- “Vuoto investigativo”, “fallace convinzione degli investigatori”, “clan creato dal nulla”, mancando dei dati rivelatori tipici di un’organizzazione criminale, a partire da vicende autonome e dall’assenza di elementi come la “circolarità” e “l’assoggettamento”. Così davanti al Tribunale collegiale di Avellino presieduto dal giudice Gianpiero Scarlato, le difese di Carmine Valente, Diego Bocciero, Renato Freda e Luigi De Simone hanno tentato di scardinare l’impianto accusatorio alla base delle pesanti richieste di condanna per i presunti capi e sodali del Nuovo Clan Partenio. Non esiste l’associazione a delinquere.

Le difese di Valente: assemblaggi di reati e invenzioni dal nulla

“L’assemblaggio di più episodi dovrebbe dimostrare l’esistenza di un’associazione? Non è così, perché avrebbe qualcosa di tendenzialmente alieno dal nostro sistema giudiziario e costituzionale”. E’ uno dei passaggi dell’arringa dell’avvocato Antonio Del Vecchio, difensore di Carmine Valente, che ha ricostruito quelli che sono gli indici rilevatori della esistenza di un’organizzazione criminale secondo le sentenze più recenti della Corte e partendo da quelle che nel percorso rappresentano come le ha definite “pietre di inciampo”. Per dirla semplice, non è che la trama di vari reati può bastare a dimostrare che esistano quegli elementi che costituiscono un’ associazione nella latitudine del 416 bis. Più precisamente si tratta di tipicità mafiosa, assogettamento e essere sussunta nella fattispecie del 416 bis, allora bisogna eliminare la pietra d inciampo quella legato agli indici rilevatori che hanno una rilevanza probatoria. Si dice, per tutta la contestazione faccio una valutazione su Valente. Se la tipicità 416 bis è il metodo, la forza di intimidazione, ci dobbiamo interrogare se nel contesto abbiamo registrato dal punto di vista oggettivo questa condizione. Bisogna sgombrare il campo dagli indici rilevatori mi riferisco al fatto che non tutti gli episodi di intimidazione ma degli epifenomemi che ricostruiti nella trama possano essere indicatori rilevano un’associazione. Dovete valutare se nel periodo voi abbiate ravvisato il dato autonomo e soggettivo della forza di intimidazione”. Nessuna prova anche per quanto riguarda Carmine Valente, caramella, per cui la Dda ha chiesto una condanna come promotore e organizzatore a 27 anni di reclusione. Per il suo difensore Raffaele Bizzarro si parte da errori gia’ in fase di deposito di sentenze: “La sentenza del 2011 non è che abbia riconosciuto l’esistenza del clan Cava solo per quella indagine, ma anche per altri due procedimenti del 2010 e del 2009. Mi rendo anche che in un piccolo segmento della sentenza si fa riferimento all’alleanza con il clan Genovese. Se voi mi dite che avete un’alleanza e agli atti ci sono riferimenti ad una organizzazione che ha il controllo su territorio da Monteforte al Partenio. La presenza di un antagonista e’ un subire, così si riscrive la storia dello stesso 416 bis. Si può ritenere che un’invasione del territorio, diventi alleanza. Valente non è mai stato interessato alla vicenda Pecchia, né è stato condannato con l’aggravante mafiosa con Galdieri e Pagano. Un imputato che compare nel marzo del 2015, poi scompare. Non è presente in alcuna intercettazione, non parla mai, né qualcuno lo contatta. E stato contestato a Valente Carmine il ruolo dirigenziale. Per assurgere a tale ruolo serve un qualificato ruolo decisionale. In quale atto esiste il riferimento a Valente Carmine, non solo come dirigente ma come associato? Le posizioni apicali devono essere riconosciute. Non si può ritenere che agli atti ci siano tali elementi.

Le dichiarazioni di Nigro. Se voi volete prendere e valutare e ritenere le intercettazioni di Nigro, dovete prendere la Carta Costituzionale ed espungere l’articolo 111. Nigro dice sciocchezze. Partiamo da quella realtà che il vecchio brocardo per cui: chi non sa di essere intercettato non mente. Nigro non sa di cosa parla. Partendo dal 2 dicembre 2014 quando Luigi gli chiede: chi comanda tra Caramella e o milord, e aggiunge che Caramella ha la sua potenza perché è appoggiato dai Cava. Nigro dice ad un altro interlocutore , che magnifica il clan Serino, smentisce che “Carminuccio sia un guappo” e quindi e’ chiaro che cambi idea a seconda dell’interlocutore”. E c’e’ anche un altro riferimento: “Pochissima attendibilità a Forte Livia e C. Maria Cristina. La stessa ha dato un elemento poderoso, incrollabile e certo della estraneità del Valente dal contesto associativo. Senza andare anche alla cessazione del rapporto. Quello che vi debbo dire come difensore di Valente e l esistenza di un antinomia tra quanto avvenuto in fase di indagine e quello che e emerso in aula. Il pm dice che abbiamo la prova che Pasquale è andato in montagna ma non sappiamo quando. Invece lo sappiamo. Ma invece abbiamo la prova. Ma il dato è evidente, perché è agli atti ed è riscontrato. Il dato è rappresentato dalla domanda che candidamente il pm fa allo stesso Valente: sapete se vostro figlio e stato picchiato. I Carabinieri hanno sempre detto che il Valente lavorava. La estraneità la si ricava dagli atti processuali. Non dalle investigazioni che si fondano su un convincimenti errato. Ci sono i colloqui in carcere tra Genovese e il figlio. A Valente di contesta il capo 24 e lo su ritiene tale perché in una intercettazione Dello Russo chiede a Nigro di fargli avere una conferma”.

USURA, NESSUNA CONNESSIONE TRA BOCCIERO E IL CLAN

Nemmeno l’usura e’ un elemento collegato al clan. A tentare di smontare l’impianto accusatorio della Dda e’ sempre Bizzarro, difensore di Bocciero Diego, ritenuto uno dei promotori dell’usura per conto del clan: “Nessuna connessione tra i Galdieri e l’usura e in particolare a dimostrare che non vi sia quella “circolarità” tipica di un clan depongono alcune intercettazioni ed una vicenda, quella del furto di quindicimila euro dallo stesso garage, per Bizzarro quel furto: “Segna una vera disfatta. Le realtà sono inconfutabili. Espressis verbis il maresciallo ha ammesso che non è stato denunciato l’autore. … Sicché e un fatti ma anche a voler seguire il disagiato tratturo seguito dal pm c’è un errore perché nel marzo 2018 l appropriazione indebita era a procedibilità d’ ufficio. E solo dopo è stata trasformata in un reato a querela di parte . Il maresciallo aveva l’ obbligo di denunciare”. Ma la vicenda dimostra anche che il clan Partenio non esiste: “Regole di logica che avrebbero quantomeno dovuto sortire una riflessione che voi giudici siete tenuti a fare. Se fosse stato vero che Bocciero faceva parte dell associazione senza dubbio Vivolo lo avrebbe saputo. Ma vi pare che se fosse esistita una simile associazione ritenete che Vivolo avesse preso i soldi? Ma lasciamo da parte questa riflessione. Uno dei concetti dal processo Tortora ad oggi, se fosse esistita l associazione, sarebbe emersa la sua circolarita’: voi pensate che con tutti i partecipi che la componevano, a Roma mandano tre “sfessati” con capacità criminali pari allo zero. Ma su quali basi create questa associazione? Sul nulla. Abbiamo fatto un processo con Nigro Ernesto che è il capozona di Bagnoli, non sarebbe stato più logico chiedere a Nigro di condurre la madre del soggetto. Non esiste nulla. Perché i soldi erano di Bocciero e Galluccio. La mancanza di liquidità gli impedirà di fare investimenti dicono in una intercettazione. Nessuna coincidenza tra le intercettazioni e quanto emerso nel dibattimento”. Non e’ tenero il penalista quando si riferisce al dato investigativo: “In questo processo si è pensato a creare, ideare e in qualche caso inventare. Non si è pensato a provare. Ci sono elementi che invece provano la possibilità di un’alternativa. Una spiegazione plausibilmente diversa da quella offerta dagli investigatori. Si dice che ci sono i dati delle intercettazioni ambientali, che sono anticipatori delle escussioni dei testimoni. E sicuramente un dato sbagliato”. Per Bizzarro esiste un “Vuoto assoluto nelle indagini, nella migliore delle ipotesi frutto di un fallace convincimento degli investigatori”.
Proprio dalle contestazioni sull’usura mancherebbe un altro elemento tipico di organizzazione criminale: “Ad una delle vittime viene chiesta da Genito la corresponsione del dovuto, chiede anche quanto dovesse dare, a parte la richiesta assolutamente impensabile in un contesto associativo. Lui risponde che si tratta di 800 euro, quando dal dibattimento emerge che sono 2800. Proprio la mancata contestazione da Genito e la mancanza di circolarità fa venire meno di quanto investigativamente dedotto fa mancare anche il concorso del Bocciero Diego. Nelle intercettazioni carpite nella sala di attesa dei Carabinieri, non emerge il nome dello stesso Bocciero. Nel 2017 viene fatto un controllo da parte dei Carabinieri e viene rinvenuto un foglio manoscritto e se lo mettete a confronto con l’agenda viene fuori una similitudine. Su quel manoscritto vengono riportate indicazioni numeriche. Se ci fosse stata circolarità tra i componenti di una società sceleris, non ci sarebbe stato un manoscritto con la stessa grafia nel garage di Bocciero. Andava approfondita la paternità di quanto rinvenuto nel gennaio 2018, visto che c è stato un analogo sequestro nel 2017. Bisogna estrapolare i dati del sequestro e del residuo credito. Anche a voler tenere un residuo nel 2018 l’intervento non comporta la restituzione dei soldi anche perche’ ill pagamento di una sola rata. L esistenza del manoscritto non può supplire alla prova della esistenza di responsabilità. Dalle vittime nessuna indicazione al Bocciero. Si pensa che, siccome è indicato geroglificamente un dato su un manoscritto senza accertamento sia dimostrato qualcosa”.

In aula hanno discusso anche i difensori di Renato Freda, gli avvocati Patrizio Dello Russo e Fernando Letizia. Per la difesa di Freda non esistono prove della messa a disposizione dello stesso quale sodale del clan e neppure per agevolarlo. Nessuna traccia di Freda negli episodi di usura o ingerenza nell’ attività di appalti pubblici. Avete riscontro di metodologie o agevolazione di attività che potessero veicolare sotto questo profilo il reato associativo. Dalle attività di indagine voi potete rilevare la figura di Freda Renato ad attività di controllo anche attraverso la contrapposizione armata ad altre consorterie criminali”. La stessa Ni.Re, secondo i difensori sarebbe la prova che non c’era nulla da nascondere, non ci sarebbe stata infatti indicazioni a Nicola e Renato nel nome dell’impresa. Dure anche le requisitorie dei difensori di Luigi De Simome, a partire dall’avvocato Raffaele Doria: “Si tratta di fantasie, stiamo parlando di persone detenute in carcere nonostante non abbiano precedenti penali. De Simone non ha nemmeno potuto partecipare alla cresima di sua figlia a causa dell’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Lo Stato ha adottato nuove strategie per affrontare le associazioni a delinquere di stampo mafioso, ma applicare tali metodi a De Simone non ha senso. Non c’è mai stato alcun contatto tra il mio assistito e gli altri imputati. Non ci sono prove di alcun tipo, eppure Luigi De Simone è ancora sottoposto a misure cautelari. Inoltre, l’imputato era in possesso di armi perché era un cacciatore regolarmente autorizzato. Il porto d’armi è stato regolarmente concesso proprio dai carabinieri. De Simone è una persona senza macchia, che non ha mai nemmeno ricevuto una multa. Non ha mai fatto parte di un’associazione mafiosa, non è assolutamente vero. Questo è l’unico fatto che conta, non le voci di corridoio, non il chiacchiericcio. Ci sono solo le teorie del Pubblico Ministero senza alcun riscontro nell’attività istruttoria. De Simone non c’entra assolutamente nulla e non c’è stato nessun tipo di coinvolgimento”. In aula si torna il 27 giugno, quando sarà la volta dei difensori di Nicola Galdieri, Gaetano Aufiero e Claudio Davino e dei difensori di Nigro Ernesto e Nigro Giuseppina, Alberico Villani.