Calcio Avellino, una lezione che richiede un bagno di umiltà

0
271

di Claudio De Vito – “Prima o poi sarebbe dovuto accadere”. “Anche all’Avellino può capitare di perdere”. “Perdere ci sta ma non così”. Sono alcuni passaggi salienti delle dichiarazioni post-partita di Archimede Graziani che dal canto suo, come ovvio che sia, ha cercato di alleggerire il passivo in termini risultato, prestazione e reazioni negative dopo il pesante 4-1 di Fregene.

Il problema però è che l’SFF Atletico – non soltanto per ragioni cromatiche e di somiglianza nella denominazione sociale – è sembrato l’Atletico Madrid. Per farla breve, al di là dei meriti dell’avversario che restano, l’Avellino ci ha messo parecchio del suo facendo sì che Emiliano Tortolano sembrasse Antoine Griezmann e il tecnico Raffaele Scudieri all’improvviso fosse diventato El Cholo Simeone. Corsa, intensità, ritmi infernali e il gioco è fatto contro un avversario che non ci ha capito nulla tra le quattro mura dell’ “Aristide Paglialunga”, tanto bistrattato da chi ci va a giocare ma altrettanto gradito da chi invece ci gioca le partite casalinghe facendone un vero e proprio campo trappola.

Ricondurre però la cause della Caporetto sul litorale laziale al mero fattore campo risulterebbe intellettualmente disonesto. Piuttosto l’Avellino ha sbagliato l’approccio alla gara come spesso è successo, ritrovando il gol nei primi 45′ soltanto grazie ad un’intuizione balistica di Alessio Tribuzzi, l’unico a salvarsi, sugli sviluppi di un corner. E quando stecchi l’impatto va a finire che vieni preso di infilata sugli esterni e becchi l’imbarcata. E’ andata così e il primo tempo sarebbe potuto finire anche peggio.

Un disastro le fasce, soprattutto quella di destra con Andrea Nocerino letteralmente in bambola. In imbarazzo il pacchetto centrale, sovrastato il centrocampo che ha patito l’assenza di Kelvin Matute che ha dovuto gettare la spugna durante il riscaldamento. Avulso dalla manovra offensiva Nicola Ciotola sempre più oggetto misterioso. Infruttuosi i frenetici cambi della ripresa che hanno snaturato l’Avellino nel tentativo di risalire la china. Nulla da fare: i soldatini dell’Atletico – non quello di Madrid – arrivavano da tutte le parti.

Alla luce di quanto visto ieri, al di là del fattore comportamentale, c’è qualcosa che non convince a livello di valori tecnici. Perché se è vero che alcuni elementi sono di categoria e oltre (a patto che a ciò abbinino la giusta forma mentale), viene anche da chiedersi se altri sono all’altezza di un progetto tecnico da rivedere a dicembre (e possibilmente anche a gennaio), quando il mercato offrirà l’opportunità di rivedere le scelte compresse in un arco temporale minimo prima del campionato.

E viene anche da chiedersi se alcuni elementi sono da Avellino, vale a dire se sono adatti sul piano strettamente temperamentale a reggere l’urto della pressione. Tutto messo in conto, per carità, ma andare avanti con gli alibi non giova a nessuno e né tantomeno Graziani vuol sentirne parlare. Gioverebbe piuttosto calarsi in un bagno di umiltà a partire dalla ripresa degli allenamenti in programma domani.

E quale migliore occasione per valutare le risposte sul campo se non lo scontro al vertice con la nuova capolista Lanusei. Una partita che l’ex di turno Graziani proprio non ci starebbe a perdere. Dopo l’atterraggio problematico di Fiumicino, cercasi un nuovo scalo per decollare con maggiore convinzione in un campionato che ha ancora tante insidie da proporre.

I voti all’Avellino battuto dall’SFF Atletico: Lagomarsini 5; Nocerino 4 (10′ st Mithra 5), Morero 4.5, Mikhaylovskiy 4.5 (18′ st Ventre 5), Parisi 4.5; Tribuzzi 6, Gerbaudo 5, Acampora 5 (8′ st Buono 5), Ciotola 4.5 (7′ st De Vena 5); Mentana 5 (1′ st Carbonelli 5), Sforzini 5.