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Buchi Sanità, Marino: “Basta aiuti a pioggia, i Fas non si toccano”

È un categorico Ignazio Marino quello che parla oggi sulle colonne de “L’Unità”. Focus del suo intervento, i buchi della Sanità delle 4 regioni rosse tra cui, superfluo ribadirlo, anche la Campania, e i possibili modi per rimarginarli, tra cui Marino esclude decisamente i Fas.

“Due miliardi di euro per colmare la voragine del debito di una sanità inefficiente in Calabria, Campania, Lazio e Molise. Sono le risorse che i governatori appena eletti hanno chiesto al Governo, sperando di poter attingere ai fondi FAS, i finanziamenti europei destinati alle aree sottoutilizzate per interventi rivolti allo sviluppo economico. Fondi che, secondo la Corte dei Conti, hanno assunto l’impropria funzione di fondi di riserva diventando uno dei principali strumenti di copertura degli oneri finanziari nell’azione politica di questo Governo. Ma questa volta le quattro regioni con la sanità e i conti disastrati hanno incassato un netto no: «I fondi FAS non si possono usare come un Bancomat», sostengono sia il ministro Fazio che il presidente dell’Emilia Romagna, Vasco Errani. Così sarà inevitabile ricorrere a una misura impopolare come l’aumento delle tasse.

Una soluzione non auspicabile ma in controtendenza con le scelte di sempre, ovvero la distribuzione a pioggia di denaro per tamponare i debiti, senza pensare al futuro e allo sviluppo e relegando all’arretratezza perenne aree del Paese già rimaste indietro. Ammettiamo, in teoria, che i fondi FAS siano utilizzati per colmare, almeno in parte, il crescente divario nei servizi sanitari e per fare in modo che i cittadini del Sud possano sperare nella stessa qualità delle cure, e quindi nello stesso diritto alla salute, di un cittadino emiliano o toscano, ma è intelligente farlo senza garanzie?

Come si può pensare di riversare un miliardo di euro in una regione come la Calabria dove non si riescono a chiudere, a causa delle resistenze di piccoli cacicchi locali, decine di minuscoli ospedali inutili e anzi pericolosi per i pazienti? O dove si registrano record negativi come la più alta percentuale di tagli cesarei del mondo e contemporaneamente il maggiore livello di mortalità infantile d’Italia? Siamo sicuri che la sanità della Campania o del Lazio migliorerà con il versamento di mezzo miliardo di euro ciascuno, prima ancora che i nuovi governatori abbiano detto come riformeranno il servizio sanitario? Sarebbe davvero scellerato indirizzare somme tanto ingenti senza vedere i primi risultati concreti di un piano di risanamento economico e strutturale, senza sapere se i nuovi direttori generali di ASL e ospedali saranno selezionati in base alle loro capacità manageriali e ai risultati ottenuti, oppure per le loro amicizie politiche o parentele.

E sarebbe ancora più sbagliato correre il rischio di sperperare risorse che potrebbero invece servire per strade, reti ferroviarie, energie rinnovabili, servizi pubblici e turistici, tentando il rilancio di settori non più competitivi con altri paesi del Mediterraneo. E si tratterebbe di una strategia fallimentare anche perché i fondi FAS non servirebbero a migliorare i servizi degli ambulatori o degli ospedali, ma solo a tamponare i debiti. Così, in una prospettiva di medio periodo, i cittadini rimarrebbero comunque puniti dalla politica: da un parte perché la sanità continuerà ad essere inefficiente e dall’altra perché non si vedranno le opportunità di sviluppo legate della realizzazione di opere utili all’economia e al progresso generale delle regioni del meridione.

Per affrontare i problemi della sanità non servono soluzioni tampone, e va dato atto al Governo di non aver ceduto, per ora, alle pressioni: ma il diniego non basta, servono interventi strutturali degni di questo nome, rigore, trasparenza, verifica costante dei risultati, e soprattutto un sistema premiante per i migliori e che dimostri la volontà di collaborazione con gli operatori della sanità che subiscono continui tagli e umiliazioni senza essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano”.

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