Incubo Blue Whale: no alla psicosi, sì alla prevenzione anche ad Avellino

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Pasquale Manganiello – Attualmente sono una ventina i casi oggetto di investigazione della polizia postale. A Catania una 16enne è stata salvata grazie alla denuncia di un’amica. A risucchiarla nel vortice mortale era un coetaneo della provincia di Cosenza. “L’ultima prova da superare è buttarti da un edificio alto”.

Dopo la denuncia dell’amica, la polizia postale si è messa al lavoro. Ed esaminando lo smartphone della 16enne ha trovato la chat che spingeva al suicidio. Il “curatore” è stato identificato e denunciato per istigazione al suicidio. Ora si cerca di capire se il ragazzo ha effettuato altri adescamenti.

Blue Whale, la sfida social che spingerebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicidio. Sono decine le segnalazioni di casi sospetti arrivati alla Polizia postale, e altrettanti i messaggi di allerta inviati su WhatsApp, anche da parte di genitori preoccupati. È quasi una psicosi collettiva.

E’ già stato realizzato un decalogo della Polizia postale per contrastare il gioco della morte che consiste nel compiere una serie di gesti al limite, come camminare sull’orlo dei binari, da immortalare e condividere online. L’ultima prova è togliersi la vita. Si verrebbe ingaggiati tramite social network: Instagram, WhatsApp, Facebook, chat.

Ad orchestrare le operazioni, quello che è stato definito “curatore”: sarebbe lui a guidare i ragazzi psicologicamente vulnerabili prova dopo prova, dopo averli convinti di possedere informazioni che possono far male alla loro famiglia. Chi partecipa alla sfida si provocherebbe, prima di tutto, dei tagli alle braccia e pubblicherebbe post contrassegnati dall’hashtag #f57.

Molti, anche ad Avellino, si chiedono se sia meglio il silenzio. Il rischio di emulazione esiste, è inutile negarlo, ma resta il fatto che la conoscenza del fenomeno è diventata virale anche in Italia.

Un suicidio, o un tentativo di suicidio, quanto più è spettacolarizzato più fa presa nelle menti fragili. Il cutting, ossia fotografare le proprie ferite, fa parte del rito e potrebbe essere un segnale facilmente riconoscibile da parte dei genitori che diventano gli attori principali per capire come i figli vivono questo fenomeno in Rete, spiegando di cosa si tratta.

La psicosi Balena Blu può sedimentare la preoccupazione e incanalarla su binari oscuri; una giusta e sana prevenzione potrebbe allontanare l’ombra di questo orrendo gioco, di questo mostro che succhia via adolescenze, vite.