BLOG – L’italiano vero e le sue vacillanti sicurezze

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Il post con cui il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sul suo profilo Facebook commenta la cartina mostrata dalla Cnn e che sembra attribuire all'Italia l'origine del contagio da coronavirus, Roma, 5 marzo 2020. 
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Quello che negli anni a venire sarà ricordato come il virus più “democratico” della storia – perché, a differenza di altri, il Covid-19 ha coinvolto davvero tutti e tutto: manager, operatori sanitari, studenti, insegnanti e professionisti che “per ragioni di business” transitano da nord a sud e da est ad ovest perché l’Italia non si può fermare – sta mettendo in discussione la comfort zone di tutti noi.

Questo, inevitabilmente, solleva osservazioni e riflessioni.

“Bisogna preservare a tutti i costi la normalità”

È la prima cosa che ci dicono. Non sia mai che ci si debba impegnare nella revisione e rimodulazione del proprio concetto di normalità, senza perderci in termini di obiettivi e risultati attesi, ma valutando nuove soluzioni per perseguirli. Ma si può davvero parlare di normalità (alla vecchia maniera) considerati i 2m2 di vuoto intorno ogni volta che interagiamo con qualcuno fuori casa?

Cultura e responsabilità sociale

Un rapporto inversamente proporzionale di cui abbiamo già parlato. Per carità, non si dica che l’Italia debba immobilizzarsi, tuttavia, ci suggeriscono, di rientro dalle zone “calde”, di far raffreddare “per qualche giorno”, e in solitudine, l’epidermide. Difficile comprendere come la cultura li abbia comunque resi ignari di semplici regole istituzionali volte al contenimento del problema. O forse sarebbe più opportuno dire “ignavi”?

Smart working

I nostri studenti conoscono alla perfezione le potenzialità di quest’altro termine tanto in voga, peccato che non potranno mai osservarlo nella pratica, se non in stati di emergenza. Al di là del Covid-19, il dipendente che chiede di lavorare un giorno da casa è un fannullone, quello che entra un’ora dopo rispetto all’orario di ingresso (ed esce due ore dopo rispetto all’orario di uscita) è un “classico giovane che pensa di poter fare ciò che gli pare”. Tuttavia, anche al di là del Covid-19, il mondo delle imprese è sempre più flessibile e smart: non prevede orario di lavoro rigido, né badge… Basta assicurarsi un quotidiano monte ore che superi le 8 sindacali.

“L’inglese è importante per il domani, per la globalizzazione, per l’internazionalizzazione, per l’integrazione, per l’emancipazione, [..]”

I nostri figli lo imparano sin dalle scuole materne, eppure hanno paura dell’uomo proveniente dall’Africa, perché di colore e potenziale stupratore, hanno paura del cinese, perché mangia animali selvaggi e anche “vivi” e porta malattie di vario tipo, delle donne dell’Est, perché potenziali amanti dei loro padri o anche (forse più) dei loro nonni, degli uomini dell’Est, perché tradizionalmente e culturalmente ubriachi, delle donne latine, perché troppo esuberanti, degli uomini latini, perché spacciatori, dei meridionali, perché rozzi e profittatori, dei settentrionali, perché, come i cinesi, portano malattie (sarà una deriva delle zone più industrializzate); crescono nel sogno americano ma ancora non hanno studiato gli eventi di Hiroshima e Nagasaki e ancora non sanno della minaccia di un terzo conflitto di portata mondiale… Per il momento rimandato a fine Covid-19.

“Tranquilli, niente allarmismo. Il Covid-19 è pericoloso soltanto per soggetti anziani o debilitati da altre patologie”

Ci apprestiamo dunque alla tutela di una sola razza pura, quella caratterizzata da individui giovani, sani e forti, che così possono indisturbatamente agire (e starnutire), senza doversi assumere la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni, forti di un individualismo tacitamente legittimato; peccato che una buona fetta di questi giovani (sani e forti) sottragga, ancora oggi, braccia e menti al mondo del lavoro e della contribuzione, in virtù di un “uovo a cuppetiello” di mammà, della sicurezza della pensione il 1° del mese di papà, e magari anche dell’indennità di accompagnamento del nonno.

Insomma, che dire, in balìa dei timori, di decisioni prese e ritrattate, di allarmismi e superficialità, di parole di troppo e parole non dette, ma soprattutto di nostre contraddizioni, speriamo che da questa esperienza, a tratti surreale per signorotti occidentali come noi, l’italiano vero, oltre ad aver imparato a lavare per bene le mani e a monitorare le variazioni cromatiche della propria faringe, sia anche un po’ in grado di rivedere le categorie valoriali a cui si aggrappa, pronte a sgretolarsi come castelli di sabbia (plasmabili) in riva al mare (in funzione del flusso imprevedibile del divenire).

Antonietta Megaro e Renato Spiniello per il Blog di Irpinianews