BLOG/ E’ dal 4 marzo che il Pd mangia pop-corn

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Nicholas Ferrante – Dal 4 marzo a oggi, non è stata fatta un’analisi sincera e veritiera da parte di chi ha in mano le redini del partito, a tutti i livelli. Il tempo trascorso è stato perso: in tanti hanno mangiato popcorn. Questa non è una metafora, ma un modo di fare misto di arroganza e mancanza di senso politico. Perché i nostri elettori non ci hanno votato per essere immobili (in un impianto proporzionale), ma di assumere l’iniziativa politica.

Non mi stancherò di dirlo: avevamo il dovere di ascoltare il nucleo di verità del Movimento 5 Stelle. Infatti se non si ascoltano le ragioni dell’altro, come si pretende che le proprie siano giuste? È stato un errore storico, che pagheremo negli anni a venire. Non lo dico io, ma è Storia: la sinistra ha sempre vinto quando ha diviso con intelligenza e facendo politica il fronte avverso. Il messaggio che è passato tra gli elettori di sinistra, che hanno votato il Movimento o addirittura la Lega, è l’inutilità del Pd nei processi che contano. Allora l’elettore per non buttare il voto, con lo stomaco in mano, vota altro. E quando non ce la fa, si astiene.

I problemi non sono finiti qui. A ciò si aggiunge un partito commissariato da una classe dirigente – che la gente è stanca di ascoltare anche in televisione – di una stagione che il voto ha consegnato alla Storia, il cui ultimo atto è stato quello di far saltare un tavolo di confronto che potesse sbarrare la strada verso il governo ad una destra nazionalista.

Il responsabile della partenza di questa legislatura ha un nome ed un cognome: si chiama Matteo Renzi. E infine i problemi finanziari del partito, con il rischio che tanti impiegati siano buttati in mezzo ad una strada al termine del periodo di ammortizzatori sociali. È necessario allora scavare a fondo e partire dai fondamentali: cos’è la politica, la militanza, la responsabilità di un leader verso gli altri e in quale solco della Storia vuol inserirsi il Pd. Non tutti i mali vengono per nuocere: quando si prende una sberla vengono fuori i difetti da azzerare e si ha la libertà di prendere la strada che si vuole (tra le strade possibili c’è anche l’agonia che porta alla morte, ma dovremmo scongiurarla). Usciamo dai convegni, dalle riunioncine e andiamo a riscoprire ciò che ci ha fatto impegnare per il bene comune.

Per capirci: le solite riunioni dal nome AperiPd – stile Parioli – cui invitare il capobastone sono superficiali e fuori tempo massimo. Il partito è formazione, scuola. Non è semplice riprendere la bandiera caduta ed è necessario resettare il vocabolario neoliberista e della cultura del vincente, che è entrato nei comportamenti di tanti iscritti al Pd. La prova è disperata, ma per una rinascita servirà agire su due linee: discontinuità nei temi cestinando ad esempio il Jobs Act e la Buona Scuola e cambio dei vertici locali e nazionali. Solo così ritroveremo la strada, solo così saremo sempre di più a percorrerla.

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