Biodigestore, Popoli: “Dopo il caso Chianche ora serve proposta fondata e condivisa”

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Pubblichiamo una nota di Ranieri Popoli, rappresentante del coordinamento “No al biodigestore, sì al Greco di Tufo” in vista della prossima Assemblea generale dell’Ato Rifiuti Avellino.

Come Coordinamento “NO al biodigestore, SI al Greco di Tufo” fin dagli inizi di questa battaglia di civiltà abbiamo chiarito che l’obiettivo non fosse circoscritto al perimetro dell’areale D.O.C.G. del “Greco di Tufo” ma che essa interessasse tutte le aree vitivinicole di pregio della nostra provincia e ancor di più il riconoscimento dei princìpi e dei criteri della nuova normativa regionale in materia per realizzare la provincializzazione di un ciclo integrato dei rifiuti sostenibile e rispettoso dell’utilizzo del territorio.

Favorire la candidatura solitaria del comune di Chianche ha significato infrangere questi assunti fondamentali innanzitutto per come è stato concepito l’Avviso di disponibilità, una sorta di appello “a la càrte” e al netto di qualsiasi garanzia di corrispondenza a requisiti di legittimità urbanistica e amministrativa oltre che di sano buon senso.

Come abbiamo già spiegato in più sedi, e come ha ribadito in sintonia l’onorevole Maurizio Petracca, le ragioni dell’incandidabilità di questo comune non riguardano solo la fattispecie ma l’inaccettabilità di un criterio e di un metodo che un domani potrebbe interessare qualsiasi altro territorio irpino per cui il No al biodigestore richiama un problema di fondo che trova nella prossima Assemblea generale dell’ATO Rifiuti Avellino il luogo e il momento per essere finalmente rappresentato.

L’architetto Valentino Tropeano, come Presidente dell’ “ATO Rifiuti” , ha più volte ribadito che la parola ora spetta ai Sindaci perché si pronuncino circa la necessaria individuazione dell’area in alternativa a quella oramai comunemente ritenuta improponibile di Chianche. Ed è qui che , francamente, non si riesce a comprendere su che cosa dovrebbero pronunciarsi i 118 primi cittadini irpini e come con tale criterio selettivo questa scelta la si possa inserire nel nuovo Piano d’Ambito di cui ci si intende dotarsi. Sono state effettuate delle riunioni propedeutiche di sub ambito territoriale e per quello che è emerso, in termini di applicazioni della normativa in materia, non è che si sia discusso più di tanto, per cui l’unico orientamento univoco ricavato da queste consultazioni sembra che sia stata la manifesta disponibilità ad accogliere strutture industriali di trattamento dei prodotti differenziati eccetto il rifiuto solido urbano, salvo un gradimento per il compostaggio di prossimità in aree rurali .

Da questo si deve dedurre che agli incontri preliminari non è stata sottoposta una griglia di criteri e di metodi da caratterizzare il redigendo Piano d’Ambito per cui è legittimo temere che in sede assembleare si possano verificare le condizioni per un nuovo referendum che riproporrebbe su scala provinciale gli errori strategici compiuti con la vicenda del biodigestore di Chianche.

Al recente convegno di Montefusco l’ingegnere Liliana Monaco, già dirigente dell’Ufficio “Ecologia, urbanistica e ambiente” della Provincia di Avellino, ha fatto notare come nel Piano Territoriale Coordinamento Provinciale esiste già un censimento di base delle aree industriali e che sono, purtroppo, diversi gli opifici produttivi realizzati con i fondi pubblici della ricostruzione post sismica, ora abbandonati.

Essi essendo situati nelle prossimità delle strade di scorrimento veloce e lontani dai centri abitati e in apposite aree industriali possono essere riconvertiti e utilizzati abbassando notevolmente i costi di insediamento in aree come quelle di Chianche, che comportano costi di esproprio, di infrastrutturazione e logistici di gran lunga più dispendiosi per le finanze pubbliche oltre che enormi disagi funzionali. Scelte queste che   contraddicono lo spirito di fondo del novellato succitato, espressamente rappresentato nell’art. 2 che mira tendenzialmente alla riduzione dell’utilizzo dei suoli ,considerato anche che l’Irpinia è una terra a forte rischio idrogeologico –circa l’80%-, soggetto a numerosi vincoli di natura paesaggistica, archeologica, naturalistica protetta.

Lo stesso criterio della collocazione baricentrica in quest’ottica non risponderebbe più a una geometria delle distanze bensì a quello più realistico del tempo di percorrenza .Come non sarebbe pensabile una ricollocazione in un’area già oppressa da fenomeni di inquinamento ambientale come quella di “Arcella-Pianodardine”.

Questi canoni di natura oggettiva sono suffragati da una diffusa legislazione in materia, a partire dalla Legge n. 865/1971, da quella regionale n. 16/2004 relativa al governo del territorio, per concludere con quella relativa alla Urbanistica attuativa valida per gli insediamenti industriali relativi all’art. 32 della Legge 219/1981, che deve trovare solo una corrispondente modalità di attuazione da parte dell’Ente territoriale dei rifiuti.

Ai Sindaci che saranno convocati per ricevere il nuovo progetto d’ambito dei ciclo integrato dei rifiuti occorre che con molta chiarezza si sottoponga questo ragionamento non rappresentando la vicenda di Chianche come un episodio di intolleranza territoriale ma come un qualcosa da cui prender lezione e non riproporre. In questa chiara cornice giuridica occorrerebbe inserire una proposta di individuazione fondata su criteri tecnico-scientifici territoriali oggettivi da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea dell’ATO evitando di propinare un qualcosa di indefinito e poco conosciuto sia al Sindaco di Monteverde che a quello agli antipodi provinciali di Mugnano del Cardinale.