“Fiorentino Sullo, il più giovane dei padri Costituenti, guidò dal 1948 fino al 1954 il Consorzio idrico interprovinciale dell’alto Calore. La sua gestione consenti a quest’ente di diventare uno dei maggiori distributori di acqua dell’intero Mezzogiorno”.
Inizia così la lettera aperta che Beppe Sarno, coordinatore regionale di Risorgimento Socialista, ha scritto a Michelangelo Ciarcia, presidente della società Alto calore Servizi, al sindaco della citta capoluogo e a tutti gli amministratori irpini.
“Oggi quel gigante indirizzato da Sullo verso una gestione pubblica delle acque distribuisce 58 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, con 125 comuni consorziati”.
“Non c’era in Sullo e negli amministratori che gli successero un’idea privatistica dello sfruttamento delle acque, ma con felice intuizione, anticipavano di oltre mezzo secolo quello che poi 27 milioni di italiani con un referendum sancirono che l’acqua era un bene comune e che necessitava di una politica di gestione delle risorse idriche che ne rispettasse la dimensione di diritto fondamentale e bene comune.
“Oggi la Procura della repubblica di Avellino chiede il fallimento di una società che oberata da 150 milioni di euro di debiti non riesce a garantire il rispetto dei propri impegni ed una corretta gestione del patrimonio dell’ente.
L’alto Calore non deve fallire.
Fallendo la società sarà gestita da un curatore lasciando decine di lavoratori senza lavoro e mettendo in crisi le ditte subfornitrici.
Non si può consentire una soluzione giudiziaria del problema che presupporrebbe il ritorno a una logica medievale e bottegaia, degna forse dell’Italia pre-riunificazione.
Il fallimento consentirebbe alla speculazione dei grandi capitali di emarginare i territori, espropriando l’Irpinia i un suo patrimonio naturale costituendo la loro iniziativa una grave minaccia ai diritti umani fondamentali.
C’è una riforma scellerata del settore idrico contenuta nel Recovery Plan, che punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione, in particolare nel Mezzogiorno.
E’ necessario che gli irpini e la classe politica che li rappresenta trovino una soluzione politica del problema che invertendo la rotta che fino a oggi ha improntato la logica della gestione dell’ente Alto Calore metta al centro la tutela del bene comune “ACQUA” come elemento fondante della comunità al fine di garantire a tutti il diritto all’accesso all’acqua, il diritto alla salute, il diritto ad un ambiente salubre.
L’unica risposta alla richiesta della Procura repubblica di Avellino che impedisca la morte dell’ente, senza esimere gli amministratori dalle loro responsabilità la può dare la società Alto Calore Servizi s.p.a. attraverso i suoi amministratori, i quali riconoscendo lo stato di difficoltà finanziaria dell’ente depositino presso il tribunale di Avellino una istanza di concordato preventivo in continuità. Questo strumento è l’unico giuridicamente percorribile per evitare la morte dell’Alto Calore servizi, salvando i posti di lavoro degli incolpevoli dipendenti ed il lavoro di decine di ditte subfornitrici e potendo così garantire la continuità di un ente che ha segnato per quasi un secolo la storia dell’Irpinia”.