Per il nuovo obiettivo non si può prescindere da una maggiore costanza di rendimento: “Indubbiamente sono sette finali e come tali vanno affrontate. Il nostro errore è stato quello di sederci su qualche vittoria non riuscendo a dare continuità ai nostri risultati. Del resto lo abbiamo dimostrato: se giochiamo al massimo abbiamo le armi per poter vincere con tutti”. In cosa ritieni di essere migliorato in cosa devi lavorare? “Dopo 23 gare sto capendo i tempi del gioco, quando è il momento di spingere, quando è il momento di andare in transizione. Inizialmente la mia generosità mi portava ad avere problemi di falli, ora mi sto adeguando al metro arbitrale senza peraltro limitare il mio apporto in difesa”.
Ti senti valorizzato da questo sistema di gioco? “E’ un sistema che privilegia il gioco di squadra. Non ci sono giocatori designati a priori su cui caricare le responsabilità. Ovviamente, a secondo degli avversari e delle situazioni, può emergere qualcuno di noi e talvolta ne posso beneficiare anch’io”.
E’ tempo di final four in Ncaa: non può mancare un commento sulla sua Duke che ne sarà protagonista e sul tipo di formazione cestistica impartita dal suo ex college: “Tutti i giocatori che escono dall’università hanno il pallino dell’Nba. In questa squadra ci sono degli elementi che possono avere delle chance (gli esterni Singler e Smith – ndr), ma in ogni caso saranno in grado di costruirsi una buona carriera in Europa. Lo staff tecnico di Duke fornisce quella preparazione tecnica e mentale necessaria ad affrontare qualsiasi campionato”.