“Non toccate la mia barba”. Il no degli hipster irpini ai glitter

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In queste festività è sbarcata in Italia una nuova moda. Dagli Stati Uniti, infatti, è arrivata una tendenza che propone agli uomini di arricchire la propria barba con i glitter.

I social sono pieni di selfie e foto di giovani con la barba piena di brillantini di ogni colore.

La glitter beard, così si chiama la questa novità natalizia, è stata lanciata in rete da una coppia di amici di Portland: Brian Delaurenti e Jonathan Dahl. Le barbe dei due sono curatissime e i ragazzi dimostrano di aver voglia di sperimentare qualcosa che, sostanzialmente, risalta più per l’ironia ed il gioco che per gli effetti cromatici manifestati da questa nuova vocazione modaiola.

La domanda che ci si porrà è come riuscire a far restare attaccati i glitter alla barba. Ebbene lì dove non arriva la scienza arrivano gli hair stylist: esistono speciali glitter negli Stati Uniti che sono particolarmente resistenti ai capelli e alle barbe. Si versano delicatamente sulla barba, si scuote la barba per togliere l’eccesso e il gioco è fatto mentre per rimuovere a fondo il glitter basta una doccia o un risciacquo profondo al viso.

C’è chi proprio non ce la fa a resistere e non si accontenta della barba ma riempie di glitter anche basette e sopracciglia.

Negli States sono sempre più frequenti gli uomini che se la fanno crescere proprio per poterla poi riempire di colori.

Ne ho viste di cose strane ma come questa…– dichiara Toni, irpino purosangue di Frigento, orgogliosissimo della sua folta barba – diciamo che per stavolta passo e, sinceramente, spero che barba toniquesta tendenza non oltrepassi l’oceano perché va bene tutto ma la barba glitterata ha senso quanto un congelatore in Siberia”.

Secondo alcune ricerche ci sono uomini che vogliono la barba brillante nella vita di tutti i giorni, c’è chi invece, in modo più goliardico, sceglie di uscire così soltanto in occasioni speciali.

E dove sta la goliardia?  – continua – la mia è una scelta che parte da lontano. Dai miei pensieri fortemente anticonformisti: l’esperienza mi ha insegnato che avere una faccia pulita non è sintomo di un animo virtuoso, anzi, è il più delle volte il tentativo di fare buon viso a cattivo gioco, è un modo per raggirare il prossimo in molte circostanze derivanti dal sistema capitalistico in cui ci troviamo. Mi sono fatto crescere la barba per dimostrare che portarla non vuol dire essere un clochard o un malvivente. Sovvertire quindi l’ottusa opinione comune è una cosa che mi intriga molto; poi c’è il lato estetico, ho scoperto dopo un po’ che mi stava anche bene e che migliorava le mie relazioni sociali, così mi ci sono affezionato molto”.

“Il fatto che dopo un po’ – conclude Toni – sia diventata una moda è stato un duro colpo per me, ma l’ho superato proprio grazie alla suddetta affezione, la quale però non riesce a placare la mia ira nei confronti di chi sfocia nel ridicolo eccesso dei glitter. I glitter: una vera e propria barbarie.”

La barba da hipster è solo una moda o uno stile di vita? – è la domanda che facciamo anche ad Antonio Petrillo, pallavolista venticanese.

“Mai rasarla – dichiara – la caratteristica predominante è che è folta, il che non significa necessariamente lunga. Dà un senso di ritorno alle origini, di legame profondo primordiale. Più chebarba antonio una moda, è una vera e propria esperienza, un modo di vivere. Inoltre è professionale e rassicurante.”

 

UN PO’ DI STORIA – Lo stile hipster è oramai inconfondibile, caratterizzato da acconciature “finto-arruffate” che, sebbene talvolta possano apparire trasandate, in realtà richiedono molto tempo e cura per lo styling. La nascita degli Hipster risale ai primi anni ’40 in America, una tendenza sviluppatasi dal desiderio dei ragazzi caucasici di far loro lo stile di vita e il linguaggio dei jazzisti afro-americani.

La barba hipster è una delle caratteristiche che più è “emersa” riuscendo a spopolare nel mondo e a diventare una vera e propria tendenza. La sottocultura hipster si ampliò rapidamente, assumendo nuove forme dopo la seconda guerra mondiale, quando al movimento si associò una fiorente scena letteraria. Jack Kerouac descrisse gli hipster degli anni quaranta come anime erranti portatrici di una speciale spiritualità. Fu però Norman Mailer a dare una definizione precisa del movimento. In un saggio intitolato Il bianco negro (1967), Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti statunitensi, che vivevano la loro vita circondati dalla morte – annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale – e che decidevano di “divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell’io”.

Con l’avvento degli anni 2010 si è avuta una nuova ondata hipster, tanto che si è addirittura arrivati a parlare di “Generazione Hipster”.

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