Bagarre al seggio delle Comunali 2020 di Quindici: assolta una rappresentante di lista

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QUINDICI- Assolta perché il fatto non sussiste dall’accusa di interruzione di pubblico servizio una cinquantenne di Quindici, che nel corso delle operazioni di voto del 20 settembre 2020 nel comune del Vallo di Lauro, aveva svolto il ruolo di rappresentante della lista numero 1, guidata da Francesco Grasso, nella Sezione numero 3 e secondo le accuse avrebbe interrotto le operazioni di voto pretendendo di identificare i cittadini che si apprestavano a votare con l’esibizione di un documento di riconoscimento, tanto da costringere la presidente del seggio a chiamare i Carabinieri. E proprio i Carabinieri della Stazione di Quindici al termine dei loro accertamenti avevano denunciato la cinquantenne rappresentante di lista per interruzione di pubblico servizio. L’ istruttoria dibattimentale davanti al giudice monocratico del Tribunale di Avellino ha invece ribaltato le accuse. La difesa della cinquantenne, il penalista Marino Capone. non solo ha dimostrato che le operazioni di voto erano comunque continuate (fatto per cui non ci sarebbe stata alcuna interruzione di pubblico servizio) ma ha anche contestualizzato l’iniziativa della cinquantenne rappresentante di lista, visto che era stata denunciata la presenza di falsi residenti alle elezioni, tanto che sulla base della denuncia c’è stata un’inchiesta della Procura e il rinvio a giudizio di quindici persone. In sede di discussione, il penalista Marino Capone, ha anche fatto riferimento a due sentenze della Corte di Cassazione, in particolare la 25296/2021. Per cui non si configura la fattispecie criminosa dell’interruzione di pubblico servizio se le richieste sono legittime e non è dimostrato l’intento ostruzionistico da parte dell’utente Per la Cassazione (Cass.pen.sez. VI sent. 1° luglio 2021 n. 25296 -testo in calce) non costituisce interruzione di pubblico servizio di cui all’articolo 340 cod. pen. (Interruzione di pubblico servizio) mettere in difficoltà un ufficio comunale tempestandolo di richieste di accesso agli atti, se le richieste sono legittime e non è dimostrato l’intento ostruzionistico da parte dell’utente. Evidentemente tesi che hanno convinto il giudice monocratico. La stessa Procura aveva chiesto l’assoluzione per la cinquantenne. Ora si attendono le motivazioni della sentenza.