Avvocati, la legale Paola Forcione scrive al Consiglio dell’ordine

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Si riporta la lettera aperta dell’avvocato Paola Forcione ai consiglieri uscenti dell’Ordine degli Avvocati di Avellino e ai nuovi candidati, in vista delle prossime elezioni in programma a fine gennaio.

In questo innevato inizio di anno, c’è un qualcosa di diverso nell’aria che, malgrado la sostanziale sovrapponibilità del quotidiano, quest’oggi non ho mancato di percepire. In realtà, oggi mi sono resa conto che è iniziata la campagna elettorale per l’insediamento del nuovo Consiglio dell’ordine degli Avvocati. Con la stessa puntualità con cui i metereologi avevano previsto la neve, da stamattina sono iniziate le richieste di voto degli aspiranti consiglieri. Ebbene, voglio dirlo nel modo più chiaro possibile a tutti, non mi chiamate, non inviatemi messaggi con improbabili richieste o, peggio ancora, con santini elettorali perché, questa volta, il santino ve lo darò io.

Cari aspiranti consiglieri vi consegno l’immagine del vostro elettorato, vi restituisco il senso di intima esasperazione che vive un avvocato di un Foro come quello di Avellino. Mi chiamo Paola Forcione e non sono figlia d’arte. Sono entrata nell’avvocatura in punta di piedi, con la consapevolezza di dover affrontare una sfida che vedevo tanto più grande di me. La mia è la storia di tanti, forse dei più. È la storia di chi ha seguito un desiderio legittimo, un’aspirazione, impegnandosi per un risultato nella ferma convinzione e con la pia illusione che bastassero impegno, studio, volontà di apprendere per poi essere. Volevo essere un avvocato e con tantissimi sacrifici ho celebrato, una ventina di anni fa, il mio matrimonio d’amore con l’avvocatura.

“Consapevole dell’alta dignità della professione forense” , prestai il mio giuramento senza alcuna formalità davanti al presidente del Tribunale. Senza alcuna formalità ma con tantissima emozione, indossai la toga non come orpello di sacrestia né come soprabito di seduzione ma come una seconda pelle cui, da quel momento, tanto avrei dovuto. Cari aspiranti consiglieri, non c’è stato da allora un solo giorno in cui, nella mia vita pubblica, io non abbia dimenticato quella declamata consapevolezza dell’alta dignità. Ma questo non è solo il mio santino, questo è il santino dei vostri elettori. Già gli elettori, quelli che ingrossano le file dei vostri bacini di voto, quelli sulle cui teste fate i conti quando chiedete il voto abbinandovi in maniera più o meno leale tra di voi. Sì perché in barba ai vostri accordi, ai binomi che vi prefigurate, poi ci sono i cani sciolti che comunque chiedono il voto secco.

Cari aspiranti consiglieri, cari consiglieri uscenti, state davvero dando dell’avvocatura un’immagine impietosa che, anche alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale, restituisce non più la sensazione o il dubbio ma la certezza che i propositi del “consigliere modello” vadano ben oltre la legittima aspirazione personale a rappresentare le istanze di una categoria morente che giace, nell’indifferenza di tutti, riversa nel più solitario degli hospice in attesa del miracolo o, più verosimilmente, che qualcuno stacchi la spina. Infatti, quest’anno, a molti di voi dovrebbe essere preclusa finanche la possibilità di candidatura. Tuttavia, malgrado le nobili dichiarazioni di principio di taluni, i rumors che promanano da alcuni schieramenti anche del Foro di Avellino, lasciano intendere che “vabbè ma ce la devono eccepire”.

Nei giorni frenetici in cui il governo italiano lottava tra opposti schieramenti per l’approvazione della finanziaria, l’OCF, addirittura indirizzava al ministro la richiesta di una legge urgente da inserire nella finanziaria per chiarire la questione creatasi all’indomani della sentenza delle sezioni unite. Cari avvocati, siamo uomini o caporali? Quando mai i nostri vertici si sono mossi con tanto afflato per chiedere l’intervento urgente del legislatore peraltro in una situazione di estrema chiarezza dimostrando inoltre la totale non curanza per questioni ben più importanti e serie che riguardavano il popolo italiano. Plasticamente, è stato come irrompere in un reparto di rianimazione dove si sta tentando di rianimare un paziente per farsi medicare in graffio. Mi chiedo se sia io la sola ad avere avuto questa immagine scadente ma mi basta leggere un po’ per capire che se Avvocati di tutto riguardo hanno commentato con frasi del tipo “le sezioni unite unite hanno sconvolto le feste dell’avvocatura italiana”, mi rendo conto di essermi solo destata con notevole ritardo. Miei cari, questo è il santino dell’elettore che vive fuori dalle logiche di potere, il santino di chi ogni mattina, dopo 20 anni, apre lo studio come se fosse il primo giorno, il santino di chi ancora ci crede e malgrado ciò ancora si chiede se dopo aver vissuto da avvocato potrà permettersi il lusso di morire da avvocato.

Pertanto, gentili aspiranti consiglieri plurimandatari o addirittura “incandidabili”, abbiate un rigurgito di dignitá e di pudore, evitando che della classe forense, giá tanto vilipesa e prostrata, si diffonda l’idea di un comitato di affari, ritirando le vostre candidature. Ai cari colleghi che ambiscono a far parte dei coa per la prima volta, chiedo, invece, una profonda riflessione e, solo all’esito di questa, valutata la sola volontà di ridare all’avvocatura autorevolezza, prestigio, decoro, dignitá e credibilitá, presentare le proprie candidature senza alcun indugio. Prima che sia troppo tardi e prima che questa tornata elettorale si riveli la Caporetto della classe forense.