Avellino – Erano le 15 del pomeriggio di ieri quando un 24enne di Atripalda, dipendente di una ditta di corrieri espresso di Avellino, si è recato presso la Stazione dei Carabinieri di Avellino per denunciare una rapina subita nel Comune di Monteforte Irpino ad opera di due individui a bordo di una moto da cross e con il volto travisato da due caschi integrali.
I due rapinatori, secondo il racconto del giovane, dopo avergli puntato un coltello e averlo minacciato con delle frasi dalla tipica inflessione napoletana, l’avrebbero rapinato dell’intero incasso delle consegne fino a quel momento effettuate, per ben 1185 euro in contanti.
Il ragazzo, in verità, prima di recarsi alla Stazione di Avellino, aveva avvertito dell’accaduto anche la stazione dei carabinieri di Monteforte Irpino, visto che la rapina, a suo dire, si era consumata lungo la strada statale 7 bis.
Da subito qualcosa non ha convinto i militari dell’Arma di Avellino che, mentre ricevevano la denuncia del giovane, hanno richiesto ai colleghi di Monteforte di recarsi sul posto per cercare eventuali testimoni o telecamere che avessero potuto immortalare la scena.
Dopo un po’, tuttavia, lo stress delle domande dei carabinieri che cercavano di carpire ogni dettaglio della rapina e ogni elemento utile sui malviventi, nonché quello derivato dall’inconsistenza della sua versione rispetto al sopralluogo effettuato sul posto, hanno fatto sì che il ragazzo crollasse, confessando la verità.
Non c’era stata, infatti, nessun rapina. Il giovane, nell’orario del pranzo, si sarebbe invece intrattenuto per qualche tempo presso delle ricevitorie, dove è riuscito a scialacquare più di mille euro tra slot-machine e gratta e vinci. Poi, passato il momento di gioco maniacale e accortosi che i soldi non erano i propri ma quelli della ditta per cui lavora, il giovane ha dovuto per forza trovare una giustificazione con il datore di lavoro per un simile ammanco.
Purtroppo per lui, però, la vicenda si è conclusa con una denuncia a piede libero a suo carico per simulazione di reato e procurato allarme.
La motivazione che ha dato agli inquirenti, prima di andare via, sul motivo di quell’istinto di gioco compulsivo, è stata semplicissima: voleva provare ad arricchirsi velocemente e senza fatica per smettere definitivamente di lavorare.