Avellino ritorna alla bicicletta ma i ciclisti sono senza piste.

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Bicicletta, ciclisti, piste ciclabili
Bicicletta, ciclisti, piste ciclabili

Più bici, meno auto. E’ così che cambia la mobilità anche in una città come Avellino, stretta nella morsa delle polveri sottili e dei cantieri diffusi.

E’ una rivoluzione silenziosa che sta attraversando le strade di tutta la penisola, cambiando usi e costumi di milioni di italiani.

Avellino non è esente da questa trasformazione culturale, anche se la città non è ancora attrezzata per trasformare un fenomeno sempre più di massa in una buona consuetudine.

Stiamo parlando del ritorno alla bicicletta, mezzo di trasporto dal passato glorioso, di nuovo in auge anche in Irpinia.

La rivoluzione in sellino è partita anni fa. Nel 2013 il dato più eloquente di questo cambio di rotta. Le bici vendute superano le auto immatricolate: 1 milione 650 mila contro 1 milione 400 mila. Una tendenza che si registra anche ad Avellino dove, nell’ultimo anno, non solo sono nati numerosi negozi di biciclette, ma le due ruote hanno preso d’assalto anche le vetrine di molte boutique.

Nonostante tutto, però, la città risulta ancora impreparata ad accogliere i rivoluzionari della mobilità lenta ed ecosostenibile.
Il Sole 24 e Legambiente, infatti, relegano Avellino tra le ultime posizioni per quanto riguarda il ricorso a mezzi alternativi all’auto. In città ci sono ben 62 auto per ogni 100 abitanti, appena 9 le moto per lo stesso numero di avellinesi, frutto di una scarsa sensibilità in materia che ha prodotto appena 28 centimetri quadrati ogni 100 abitanti di piste ciclabili.

«Dal 2011 ad oggi i negozi di bici sono aumentati esponenzialmente in città, ma i ciclisti avellinesi, anche se in crescita esponenziale, sono ancora il 2% della popolazione, mentre nelle città del Nord Italia e in Europa la percentuale si attesta attorno al 8%spiega Marco Argentino, presidente provinciale della Fiab, la federazione italiana amici della bici, e titolare de “La Bottega della Bici” e della “Ciclostazione” di via Baccanico, la prima del Centro Sud ItaliaC’è bisogno di fare massa critica per ottenere qualcosa in più dalle politiche di mobilità in città. Siamo in tanti ad utilizzare le bici e sono sempre di più quelli che le usano come strumento di mobilità alternativa. Ma per proiettare Avellino in Europa c’è bisogno di istituire le Zone 30, aree dove permettere la convivenza tra automobilisti, ciclisti e pedoni in massima sicurezza».

Il mercato della bici, allargatosi a macchia d’olio anche dall’avvicendarsi sulla scena delle bici con pedalata assistita, deve però andare di pari passo con un’inversione di tendenza soprattutto culturale. «Prima le bici erano uno dei regali che venivano fatti ai bambini, adesso sono i genitori a comprarle per utilizzarle nei percorsi casa-lavoro e casa-scuola – spiega Argentino – Per questo motivo c’è bisogno di maggior sicurezza in città e una certa educazione da impartire agli automobilisti nel rispetto di tutti. Ora ci sono molte bici ma sempre pochi caschetti protettivi. Bisogna sensibilizzare ed educare i ciclisti ad un uso più consapevole della bici».

Per attrezzarsi agli standard europei, l’amministrazione comunale negli scorsi mesi aveva sottoscritto un “Protocollo d’intesa per la Mobilità lenta” che, però, ad oggi sembra finito in un cassetto.
«Con l’ex assessore all’Urbanistica Vanacore si era puntato molto su una reale partecipazione, adesso, invece, si preferisce trovare soluzioni attraverso consulenze costose con le università e gli istituti di ricerca come capitato con il progetto Musa e così, buona parte delle associazioni di categoria, è tornata a coltivare il suo piccolo orticellospiega Paolo Pilone, presidente di “Koiné Art Lab”, associazione che negli anni ha portato avanti il discorso sulla mobilità alternativa condensato nel progetto “We Are In Circle”L’esperienza del Protocollo può già dirsi bella che morta, nonostante fosse nata sotto altri auspici. I protocolli d’intesa sono utili se fissano le tappe di un percorso nonostante l’avvicendamento degli assessori. Ad oggi, invece, manca un’idea di mobilità in città e tutte le questioni vengono rimandate a tempi da destinare, vuoi per incapacità politica vuoi per una mancanza di visione. E intanto sono anni che aspettiamo piste ciclabili, zone 30 e parcheggi di interscambio».

Critico anche il commento di Lello Terracciano, responsabile della Terminio Motori che parla di un «cambio di tendenza non supportato da politiche serie per attrezzare la città all’utilizzo di bici per snellire il traffico».

«Nonostante una piccola flessione causata delle particolari condizioni climatiche di marzo e aprile, rispetto al 2012 c’è stato un incremento delle vendite di bici classiche e a pedalata assistita del 30% circa, ma la filosofia degli spostamenti su due ruote non riesce ancora a sostituirsi all’uso dell’auto – spiega Terracciano – Sarebbe una buona alternativa per snellire il traffico e ridurre lo stress generato dalla ricerca del parcheggio e dalle code interminabili, ma ci sono ancora delle forti limitazioni culturali. Non basta dotare la città di piste ciclabili se non si risolvono altri problemi. Mancano le rastrelliere per parcheggiare le bici, ad esempio, e le colonnine per ricaricare quelle elettriche o a pedalata assistita. Inoltre, la qualità del manto stradale lascia molto a desiderare e può trasformarsi in un pericolo reale per chi vuole usare la bici come mezzo alternativo per gli spostamenti in città. Bisogna svegliarsi, le altre città si stanno attrezzando e noi siamo in ritardo anni luce».

 

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