Avellino – L’appello di Rotondi: “Costruiamo la grande Dc”

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Avellino – Ritorna la Democrazia Cristiana. Quella nuova di Gianfranco Rotondi. Una Dc rinnovata. Una Dc risorta dalle ceneri. Quelle stesse ceneri che qualcuno aveva bollato come l’inizio della fine. “La mia candidatura – puntualizza il Segretario regionale Lorenzo Montecuollo – ha una sola finalità: riportare la Dc agli splendori di un tempo. Una possibilità che solo oggi si concretizza. Chi avrebbe potuto farlo in passato ha contribuito, insieme a Martinazzoli, a distruggerla”. E Rotondi riparte da Avellino. Città simbolo della storia democratica italiana. Lo fa inaugurando la nuova sede del partito. Quella storica di Fiorentino Sullo. A tagliare il nastro Elenino Manganelli uno dei fondatori della vecchia Dc. È lui ad aprire i lavori, ad esortare Rotondi e compagni (in sala il segretario provinciale Gianfranco Picariello e i candidati della Dc) a proseguire sulla strada tracciata da De Gasperi. Una strada che l’Irpinia abbracciò nel 1944 quando l’ex Prefetto Intonti prese parte al Congresso di Bari dove si riunirono tutti i comitati di liberazione e dove furono gettate le basi della democrazia come sistema politico. Ed è sempre lui, di fronte ad una sala gremita di gente, a consegnare nelle mani del giovane onorevole irpino l’eredità del partito popolare. Rotondi accetta e ringrazia. Per il leader nazionale della Dc (alle politiche in campo insieme al Psi di De Michelis) l’obiettivo è uno: rendere la nuova Democrazia Cristiana lievito di una politica in grado di richiamare tutte le forze democratiche ai vecchi ideali. In poche parole ritrovare ragioni culturali comuni e obiettivi programmatici condivisi. Un’affermazione che a giugno si tradurrà in fatti e che sgombra il campo da voci insistenti. “Qualora il nostro partito dovesse riscuotere conferme non chiuderemo la porta in faccia a chi è rimasto deluso dalle liste elettorali”. Ma il bastone del comando resterà all’attuale leader. “Intendo accompagnare la Cdl in questa importante campagna elettorale ma dopo tre mesi presenterò le mie dimissioni in vista del Congresso nazionale”. Una destituzione d’obbligo visto che lo statuto del partito (quello della vecchia Dc) prevede l’incompatibilità tra gli incarichi di governo e quelli di partito. (di Marianna Morante)

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