“Il 13 febbraio 2019 ricorre il 35° anniversario della ricostruzione della stazione ferroviaria di Avellino, abbattuta, troppo precipitosamente, dopo il sisma dell’80. Fu, stranamente, una delle prime opere pubbliche ad essere portata a termine in breve tempo. Intorno a questa realizzazione in tanti prefigurarono scenari di sviluppo per la nostra città2 è questa la riflessione di Pietro Mitrione e Valentina Corvigno di ‘InLocoMotivi’.
La nota prosegue: “La costruzione dello stabilimento della Isochimica, quasi contemporaneamente alla edificazione del nuovo fabbricato viaggiatori FS, favorì quella sensazione. Fra arrivi e partenze di carri ferroviari diretti alla Novolegno di Pianodardine, coils di acciaio verso la Prometal di San Mango e le migliaia di carrozze ferroviarie destinate alla scoibentazione dall’amianto fecero del nostro scalo ferroviario uno dei più movimentati della Campania. In pochi, però, alzarono la voce perché la scoibentazione delle prime carrozze avveniva sui binari della stazione, in commistione con viaggiatori e personale delle FS, in pochi udirono strani “boati” in quell’ambiente”.
“Tutto questo avveniva in una stazione che della modernità tecnologica era completamente sprovvista a fronte dei tanti fondi che il post terremoto veicolò nella nostra Irpinia. Nessuno capì o non volle capire che la ricostruzione post sisma poteva significare una rivoluzione per il sistema di trasporti in Irpinia. Si pensò a realizzare solo infrastrutture stradali lasciando nella sua “povertà” funzionale l’esistente rete ferroviaria irpina. Fino alla fine degli anni 90 la stazione visse in una situazione di “sospensione” nonostante l’istituzione di corse veloci con Napoli, circa 75 m., un collegamento notturno da Avellino a Milano e comode relazioni con Benevento. Tutto questo continuava ad accadere nel silenzio assoluto delle istituzioni pubbliche di qualsiasi livello”.
“Sappiamo tutti come sono andate le cose in seguito, prima la sospensione della Avellino Rocchetta, dopo la riduzione dei servizi con le altre città della Campania. Ancora oggi Avellino è l’unica città della Campania a non avere, di fatto, un collegamento su ferro con il capoluogo della regione. Lentamente la stazione è andata verso il declino, fino a giungere alla sua completa chiusura. Fu una decisione drammatica quasi un punto di non ritorno, paragonabile all’epilogo di una storia collettiva: l’Irpinia cancellata dalla geografia ferroviaria italiana. Fortunatamente questo provvedimento dopo alcuni mesi fu ritirato dopo le proteste dei cittadini e la Regione Campania fu costretta ad un rapido dietrofront. Restò, però, la precarietà dei servizi senza una idea per il futuro”.
“Dopo questa fase di estrema precarietà fatti nuovi si stanno registrando in quest’ultimo periodo. Finalmente viene avanti una diversa visione di sviluppo per la nostra città da parte della amministrazione regionale che ha proposto la elettrificazione della ferrovia Salerno-Avellino Benevento ed i cui lavori sono in fase di esecuzione. Si tratta di un’opera che va nella direzione di realizzare una vera e propria Metropolitana Regionale, una idea proposta da anni ma a cui non è stato mai dato seguito. Una opportunità per far rivivere anche la “sospesa” ferrovia Avellino Rocchetta, oggi riutilizzata a fini turistici. In questa ottica Avellino potrebbe collegarsi ai corridoi ferroviari che contano in attesa della realizzazione della linea ad Alta capacità (Roma) Napoli-Bari (Taranto). La ultimazione della metropolitana leggera cittadina di Avellino, che ha il capolinea nel piazzale della stazione FS e la riapertura della strada Bonatti, che in poco più di 5 minuti collega la zona della Ferrovia al centro della città, possono consentire la rivitalizzazione dell’intero quartiere di Borgo ferrovia attraverso una nuova politica di integrazione ferro/gomma”.
“In questi ultimi anni si è speso molto tempo in interminabili discussioni sul ruolo della nostra città, del suo Piano Strategico nella costruzione dell’AREA VASTA: oggi ci sono le condizioni per recuperare i ritardi accumulati in questi anni; oggi ci sono le condizioni, ancora una volta, per iniziare un percorso di uscita dall’isolamento che, se da una parte è caratteristica, anche positiva, dei borghi appenninici, dall’altra è la causa prima dell’abbandono di quegli stessi borghi, quando alla valorizzazione delle caratteristiche di arroccamento, tradizione, enogastronomia, non si unisce la possibilità reale di raggiungerli o di muoversi da questi per raggiungere capoluoghi con possibilità lavorative maggiori in tempi relativamente brevi. 140 anni fa, il 31 marzo del 1879, la nostra stazione fu inaugurata e questo anniversario si aggiunge a quello della ricostruzione post terremoto…approfittiamo per valutarne seriamente il futuro” concludono Mitrione e Corvigno.