Non è un caso ma basta davvero poco per farlo scoppiare. Riguarda Antonio Zito, il grande escluso delle ultime giornate sul quale si è soffermato Attilio Tesser durante la conferenza stampa di ieri. E’ la settimana dei richiami al’ordine in casa Avellino dove, dopo l’arringa di capitan D’Angelo, è toccato al tecnico di Montebelluna porre l’accento sullo spirito di appartenenza al gruppo e alla piazza.
Zito non gioca titolare da due mesi, ovvero dalla debacle interna del 3 ottobre contro il Vicenza quando l’ex Juve Stabia e Ternana rimase negli spogliatoi all’intervallo per far posto a William Jidayi. Da allora, Zito ha collezionato cinque panchine e quattro spezzoni di gara che, sommati, non raggiungono nemmeno l’equivalente del tempo di gioco di una partita. Nonostante tutto, l’estroso centrocampista biancoverde ha trovato modo (la trasferta di Pescara), tempo (un minuto dopo il suo ingresso in campo) e spazio (creato con una finta di tiro defilato in area sulla sinistra) per timbrare il cartellino la prima volta in stagione.
“E’ uno che ha un carattere un po’ particolare e che deve sentire la fiducia – ha detto di lui Tesser – deve sentire tante cose. Deve solo andare in campo e dare il meglio di sé stesso consapevole che siamo una squadra, non gioca uno solo, si gioca sempre e solo per la squadra; che ha una maglia addosso che bisogna sempre portare nel migliore dei modi dal primo giorno di allenamento nella vita privata, dentro e fuori dal campo”. Una stoccatina attraverso la quale Tesser ha evidentemente inteso stimolare un calciatore che ha avuto modo già a Terni due stagioni fa. Nelle ultime ore si sono diffusi rumors incontrollati di una possibile cessione motivata dal contratto in scadenza, ma Zito ha sottoscritto con il club di Piazza Libertà un accordo fino al giugno 2017.
Ma il concetto di attaccamento alla maglia è assai caro al tecnico biancoverde che ha rincarato la dose, spostando i riflettori dal singolo caso di specie alla globalità del gruppo a sua disposizione: “Dobbiamo rispondere a una società e a una comunità – ha sottolineato – l’Avellino è un patrimonio di tutti i suoi tifosi, che sono tanti in provincia e non solo. Non c’è settimana che io non ricordi ai miei calciatori questo concetto. Esiste una differenza sostanziale tra un calciatore che gioca perché fa il suo lavoro e uno che fa il suo lavoro mettendoci il cuore. Il rendimento è molto più elevato nel secondo caso che descrive un professionista attaccato alla maglia”.