Claudio De Vito – L’Avellino continua ad essere afflitto dal male casalingo (non si brinda al successo dal 2-1 inflitto al Livorno il 27 febbraio e da allora i biancoverdi hanno vinto soltanto a Lanciano in gare ufficiali), confermando allo stesso tempo la tradizione del “mai una gioia” interna con il Trapani da quando sono tornati in Serie B (terzo pareggio condito dalla sconfitta dello scorso 19 aprile).
Statistiche non esaltanti ma che di certo non rappresentano la fonte di riflessione primaria per Domenico Toscano, il club ed il popolo biancoverde, in larga parte insofferente dopo lo scialbo 0-0 portato a casa contro la formazione di Serse Cosmi. Partita bloccata l’ha definita il tecnico granata. Commento che non fa una piega a differenza di quell’ “avremmo meritato di vincere” che evidentemente non tiene conto della sostanziale spartizione dei punti sul piano delle occasioni e dell’equa distribuzione delle fasi di gioco favorevoli.
L’Avellino ha approcciato il confronto con il piglio giusto nonostante la rivoluzione toscaniana che ha promosso titolari ben sette uomini rispetto alla trasferta di Chiavari. Non ci si stupisca della poderosa rivisitazione dell’undici di partenza: alcuni uomini (Paghera e Gavazzi) possono recuperare la forma migliore soltanto prendendo confidenza col campo dal primo minuto e altri (Djimsiti su tutti) vanno inseriti perché giunti di recente a corte. A farne le spese, Asmah e Omeonga che contro l’Entella avevano fatto sbracciare Toscano in panchina. Peccati di gioventù che possono starci, a patto che restino confinati in una sola partita.
Il 3-5-2 disegnato da Toscano tutto sommato ha retto bene il campo per organizzazione nella fase di non possesso. La difesa composta da Gonzalez, Djimsiti e Diallo (lieta sorpresa che deve soltanto limitare la foga agonistica) non ha corso grossi rischi con la collaborazione degli esterni, in particolar modo di Belloni che ha coniugato le due fasi in maniera del tutto esemplare. L’ex Ternana, esterno offensivo di mestiere, si è calato subito nella parte praticando contro il Trapani alcune diagonali da terzino navigato. Ripartire dalla porta inviolata è un fatto da non trascurare: Toscano ha trovato la quadratura del cerchio nelle retrovie.
Al centrocampo non si poteva chiedere di più se si considera che Paghera e Gavazzi hanno saltato tutta la preparazione stiva e che Lasik era reduce da un attacco febbrile. Completamente spaesato lo slovacco. Mediana per larghi tratti poco lucida ed in balia del palleggio orchestrato dalla catena di folletti Coronado-Colombatto-Nizzetto. La condizione di alcuni elementi è ancora precaria lì in mezzo, ma è necessario un cambio di passo per dettare i ritmi di gioco.
In attacco, Castaldo e Ardemagni hanno cercato di dialogare ma troppo spesso sono rimasti scollati dal resto della squadra (leggasi capitolo precedente sul centrocampo). Scarsi i rifornimenti per le punte che sono state costrette a svolgere un lavoro sfiancante di sacrificio l’uno per l’altra. Generoso Ardemagni, martellato dagli avversari con scarsa tutela arbitrale Castaldo. E poi c’è Verde, al suo terzo ruolo (esterno d’attacco, trequartista e interno destro) e alla sua terza panchina in due mesi. Un equivoco generato dal cambio di modulo che l’Avellino non può permettersi. Insieme al passo di queste prime tre giornate.