Avellino-Crotone non è stata propriamente la classica gara capace di far divertire il pubblico sugli spalti. Anzi, sin dai primi minuti si è compreso come Dario Marcolin e Ivan Juric l’avessero preparata con gli scacchi, ognuno per ovviare ai rispettivi timori reverenziali.
In una manciata di giorni, Marcolin ha cercato di esprimere la migliore formazione possibile stretto nella morsa del noviziato biancoverde abbinato al prestigio dell’avversario. Juric, forte di una posizione di classifica rassicurante, ha invece ordinato ai suoi di metterla sul piano dell’aggressività per ovviare alle pesanti assenze in tutti i reparti.
Alla fine ha vinto l’interpretazione univoca del “primo non prenderle” ma, guardando in casa Avellino, gli elementi innovati rispetto alla precedente gestione Tesser si sono intravisti. In primis, Marcolin ha proposto una squadra molto corta e che non ha corso mai grossi rischi nonostante la linea difensiva fosse più alta. Il che non è poco considerando gli orrori che hanno caratterizzato l’era Tesser. Poca luce tra difesa e centrocampo: la base per ripartire è delle migliori.
Il modulo. Marcolin ha rinunciato alle due punte di ruolo attuando a grandi linee il suo disegno tattico improntato al 4-3-3. Non un tridente puro quello adottato dal tecnico biancoverde che ha lanciato Insigne e Gavazzi a supporto dell’unico riferimento avanzato Castaldo. Una scelta che ha pagato nei primi minuti, quando per vie centrali la sua squadra ha costruito buone trame offensive alimentate dagli inserimenti di un Arini rigenerato nel ruolo di interno, peraltro sinistro. Un po’ spaesato però Castaldo, abituato più a spaziare con accanto un partner di peso come Mokulu.
Due mezze punte molto dinamiche come Insigne e Gavazzi, che durante la gara si sono invertiti spesso, hanno inizialmente creato qualche problema di letture difensiva al Crotone, inizialmente spiazzato e poi abile a prendere le contromisure. E ciò grazie ad una condizione fisica invidiabile che, abbinata ad un’ottima organizzazione delle due fasi, ha consentito agli uomini di Juric di tenere a bada un avversario non ancora pronto sul piano fisico per mettere in pratica a tutto tondo i principi tattici del nuovo allenatore.
In linea generale però è stato un Avellino diligente nel modo di stare in campo e determinato nell’approccio alla partita, anche se in quest’ultimo senso non poteva essere altrimenti considerato il cambio di allenatore. E’ quanto Marcolin aveva chiesto ai suoi per rompere il ghiaccio in attesa di tempi migliori. I progressi a livello tattico si sono visti ma guai a parlare di cura Marcolin che funziona e che ha rigenerato l’Avellino.
Bisognerà infatti valutarne gli effetti relativamente agli obiettivi. Se l’Avellino sarà quello visto con il Crotone, sarà perfetto per chiudere con dignità l’annata. Ma se si vorrà continuare a tenere alzata l’asticella in ottica playoff, allora servirà certamente qualcosa di più. La società, insieme al tecnico, intanto ha avuto le sue risposte. La scossa, quella sì, c’è stata. Per la sua funzionalità rispetto ad un traguardo o piuttosto che ad un altro, non resta che attendere.