Autostrade, barriere a rischio. Sequestri su altri nove viadotti

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Barriere autostradali a rischio: altri nove viadotti tra Benevento, Chieti, Roma e Santa Maria Capua Vetere non sono sicuri. Trattasi dei “Val Freghizia”, “Rio Pescara” e “Fosso Pezza Secca” (altezza 100 metri) insistenti sull’A1 Milano-Napoli, dei “Collonella”, “Fonte dei Preti” e “Del Vomano” presenti sull’A14 Bologna-Taranto e dei “D’Antico”, “Omero Fabriani” e “Lamia” che si trovano sull’A16 Napoli-Canosa.

A firmare il decreto di sequestro preventivo il Gip del Tribunale di Avellino Fabrizio Ciccone, su richiesta della locale Procura della Repubblica coordinata dal Procuratore Rosario Cantelmo. Le barriere dei nove viadotti si aggiungono a quelle già poste sotto sigilli presenti sull’A16 Napoli-Canosa tra Baiano e Benevento e sull’A14 Bologna-Taranto tra Pescara Ovest e Pedaso (FM).

Finora sono ben 22 i viadotti italiani dove le barriere, così come le corsie di marcia contigue a esse, sono sotto sequestro (ma nel mirino ce ne sono molti di più). Esse devono necessariamente essere rafforzate dai dispositivi in polietilene di colore bianco e rosso, accompagnati da apposita segnaletica stradale. In più, lungo i viadotti in questione, si potrà circolare con un limite di 40 km/h per i veicoli pesanti e 60 km/h per quelli leggeri.

Una nuova bufera, insomma, che si abbatte su Autostrade per l’Italia, dopo le inchieste per il crollo del ponte Morandi di Genova e la strage di Acqualonga del luglio 2013 in cui morirono 40 persone e per cui a gennaio sono stati condannati in primo grado i dirigenti di tronco della concessionaria. Assolto dall’accusa di omicidio colposo, durante il medesimo procedimento, l’ormai ex amministratore delegato di Aspi e Atlantia Giovanni Castellucci, anche se contro quest’ultima decisione si è appellato il Pubblico Ministero.

Per chi indaga, dopo quella strage, Autostrade avrebbe fatto eseguire lavori di manutenzione al ribasso per mettere in sicurezza le barriere su tutta la sua rete, procedendo a interventi di manutenzione ordinaria destinati a creare pericolo per la pubblica incolumità.

La tesi della Procura – e dei suoi consulenti tecnici – avallata anche dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, contesta al colosso dei Benetton l’aver sostituto il vecchio sistema di ancoraggio “Liebig-Plus”, omologato e certificato, con barre filettate inghisate in malta cementizia. Un’operazione, portata avanti senza informare il Mit e gli uffici competenti, che comprometterebbe notevolmente la capacità di contenimento delle barriere in caso di urto e che avrebbe fatto risparmiare alla concessionaria quasi un miliardo di euro.

Aspi ha provato a più riprese anche a chiedere il dissequestro delle barriere, ma per il Gip, su parere della Procura e dei consulenti tecnici, esse andrebbero soltanto sostituite per renderle sicure. Un piano di riqualifica che, tra l’altro, dovrà essere prima condiviso col Mit e gli uffici ispettivi territoriali.

Nell’inchiesta, al momento, sono otto gli indagati: trattasi di Michele Renzi, Costantino Vincenzo Ivoi, Massimo Giulio Fornaci, Gianni Marrone, Donato Dino Giuseppe Maselli, Mauro Crispino, Stefano Catellani e Salvatore Belcastro. Alcuni dei quali già alla sbarra nel processo di primo grado per la strage del 2013.