“L’autonomia differenziata smantella il servizio sanitario nazionale creando 21 servizi sanitari diversi tra di loro”. E’ la frase con cui si apre il video lanciato dal Sindacato dei medici italiani (Smi) per denunciare “l’odiosa manovra” della regionalizzazione in Sanità.
“La Repubblica è indivisibile, i diritti fondamentali come istruzione, scuola e salute devono essere uguali per tutti ed esigibili in modo uniforme da tutto il territorio nazionale. La solidarietà è un principio fondante della questione sociale in un Paese civile. Nessuno può essere lasciato indietro. Per questo il sindacato dei medici italiani dice no alla regionalizzazione della Sanità”, recita la voce in sottofondo mentre nel video scorrono le immagini di cittadini giovani e meno giovani, ma tutti utenti del Servizio sanitario nazionale.
Il Sindacato dei medici italiani scrive in una nota che si opporrà “con forza ad un regionalismo differenziato che non può essere il grimaldello per privatizzare il rapporto di lavoro dei medici, così come non accetteremo l’ipotesi che la formazione sia devoluta alle Regioni, perché si correrebbe il rischio della nascita di sistemi universitari diversificati in giro per il Paese”.
I medici inoltre esprimono forte perplessità sul ruolo che le assicurazioni private potrebbero assumere per la coperture di servizi di assistenza sanitaria e di prestazioni mediche oggi erogate dal servizio pubblico, come previsto nell’accordo tra governo e Veneto: “La Regione avrà mano libera in materia di accesso alle scuole di specializzazione e potrà stipulare specifici accordi con le università del territorio regionale. Il Veneto, inoltre, potrà redigere contratti a tempo determinato di specializzazione lavoro per medici, alternativi al percorso delle scuole di specializzazione”.
“Anche per questo – conclude il sindacato – è importante che il Servizio Sanitario Nazionale mantenga il suo carattere omogeneo e non sia trasformato in una somma di servizi sanitari regionali, con l’aggravante dell’aumento dei cosiddetti ‘viaggi della speranza’. Intanto lo Smi ha aperto una petizione nazionale su Change.org.