Autonomia differenziata, la Uil scrive al Governo: “Un rischio per le aree interne”

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“Stiamo seguendo con grande preoccupazione la trattativa governativa sull’ipotesi dell’Autonomia differenziata, in quanto non affronta innanzitutto la disparità già esistente fra Nord e Sud e, in essa, tra aree interne e aree metropolitane”.

Così una nota indirizzata dalla Uil e dal Comparto Uil Fpl al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio, al Ministro per il Sud Barbara Lezzi, al Ministro della Salute Giulia Grillo e al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.

“Prima di qualsiasi discussione in merito alla paventata ipotesi che comprende anche il servizio sanitario occorre, a nostro avviso, modificare i parametri non equi per l’assegnazione delle risorse nella sanità. E’ drammatico già il divario della qualità del sistema sanitario tra il Centro Nord e il Mezzogiorno”, si legge nella nota a firma di Luigi Simeone e Gaetano Venezia.

“Fermo restante il giudizio negativo per la gestione della sanità ad opera della classe politica e  la difficoltà per uscire dallo stato di sofferenza di quella Campana, oltre ogni ragionevole sforzo appare evidente che  la impossibilità di garanzia dei LEA, è data, allo stato,  innanzitutto dalla minore assegnazione delle risorse grazie all’uso di parametri che vanno a tutto svantaggio del Sud, con una perdita riferita ai maggiori trasferimenti verso il Centro Nord, stimata di circa 61 miliardi di Euro l’anno”.

“A complicare la situazione sono stati i Piani di Rientro imposti dal Governo Centrale, che hanno prodotto delle limitazioni (blocco del turn over), per cui le unità di personale – incalza la Uil – risultano notevolmente insufficienti a garantire adeguati LEA e prestazioni di eccellenza e di alta complessità,  anche in presenza di condizioni virtuose e di eccellenza dove il blocco indifferenziato ha continuato a produrre le difficoltà che siti e aziende ospedaliere avevano superato da tempo”.

“Il rapporto ARESS recentemente ha evidenziato l’effetto di 15 anni di iniqua ripartizione del fondo sanitario che ha permesso alle Regioni del Nord di continuare ad assumere personale ed operare almeno il turn over, avendo maggiori risorse a disposizione, mentre al Sud non c’è stato ricambio del personale creando liste di attese e mal funzionamento degli ospedali con rinvio degli interventi chirurgici, reparti e pronto soccorso ridimensionati o addirittura chiusi, come avvenuto nella nostra provincia, con forte riduzione della sanità territoriale,  con il  taglio, da parte della Regione,  anche di  posti letto che hanno interessato in Campania le sole aree di Avellino e Benevent”o.

Il rapporto mette in evidenza la differenza di personale in forza nelle regioni (Veneto 12,2 – Toscana 13,7 – Piemonte 12,6 – E. Romagna 13 – Liguria 15,2 / Molise 9,9 – Calabria 9,6 – Puglia 8,9 – Sicilia 8,8 – Lazio 7,9 – Campania 7,8) per ogni mille (1000) abitanti, quindi posti di lavoro persi e servizi in affanno, pertanto la fotografia attuale dei dipendenti pubblici per ogni 1000 abitanti nel Nord Est sono 4,9 e nel Sud 4,5 contro una media nazionale di 4,6.

“Sottolineiamo da tempo, come parti sociali,  che questo è uno degli aspetti più tragici che determina lo spopolamento di intere comunità in cui non essendo garantiti i livelli di assistenza ne per nascere ne per invecchiare, se ne determina l’isolamento con conseguente abbandono di circa 3000 residenti ogni anno per Avellino e 2500 a Benevento”.

“Tutelare gli interessi dei lavoratori e dei cittadini, nella nostra provincia significa determinare direttamente in via prioritaria le condizioni di parità (modifica dei criteri di assegnazione delle risorse) e garantire il soddisfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) così come in tutto il territorio nazionale e solo dopo eventualmente una volta ripristinata l’equa distribuzione delle risorse, e degli investimenti affrontare il tema del decentramento, della responsabilità e del  protagonismo dei territori”.

“Le aree interne – conclude la nota della Uil – non possono essere all’attenzione della politica solo nei momenti immediatamente preelettorali, come sembra ripetersi in queste ore in Campania, è una questione di assetti territoriali determinanti per l’economia della intera regione e del Mezzogiorno, che va messa in capo all’attività quotidiana dei governi e non di improbabili tavoli  che sembrano parlare più alla stessa politica che al territorio, tralasciando gli attori fondamentali  – aziende e lavoratori – da una discussione che rischia di  sembrare nata per esaltarne più gli interpreti  che le questioni”.