Aste Ok, Saccomanno: Livia Forte non aveva bisogno dei Galdieri per organizzare i “babà”

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AVELLINO- “Nessuna traccia di mafiosità nelle condotte di Barone e Forte”.

E’ in sintesi la conclusione a cui sono giunti gli avvocati Caterina Migliaccio, Claudio Botti e Roberto Saccomanno in un una giornata di discussioni “fiume” che davanti al Collegio presieduto dal giudice Roberto Melone, nel processo denominato Aste Ok, ha chiuso le arringhe (udienza ancora in corso per discutere un’ultima posizione) delle difese e di fatto anche avviato il conto alla rovescia verso il 3 maggio, quando i giudici si ritireranno in Camera di Consiglio per uscirne con la sentenza attesa da quasi tre anni, tanti ne sono passati dall’avvio del processo.

La prima a prendere la parola in aula è l’avvocato Caterina Migliaccio, difensore di Antonio Barone, che apre la sua discussione ribadendo la necessità di “soffermarsi sulle prove” e consegnando alla Corte una metafora per il suo incipit tratta da un arringa del giurista Alfredo De Marsico: l’indispensabile necessità che l’avvocato resti nel dibattimento quel che è il marinaio sotto la vela: la spia del vento. La rotta di un avvocato è la più difficile delle navigazioni, perché si svolge fra correnti d’anima, le più invisibili e mutevoli di tutte le correnti. Questo processo ce lo ha dimostrato, visto il procedimento collegato per corruzione in atti giudiziari”.

Lo fa: “partendo dal capo di imputazione, perché vedremo che addirittura il pm in sede di requisitoria ha ritenuto di riqualificare la condotta da condotta esterna in partecipazione all’associazione”. E qui c’è il colpo di scena: “Giova ricordare che al Barone per due capi di imputazioni non è contestata l’aggravante dell’art.416 bis (mafiosa). Oggi non vi venga a dire che ci contesta l’ aggravante. Non ci siamo difesi sull’aggravante nelle due aste contestate”. E non è finita qui. Perché viene rinnovata anche una eccezione di inutilizzabilita’ delle intercettazioni: “Quando nasce questo procedimento? La prima intercettazione è quella del Barone, del 26 novembre del 2018 e’ quella in cui si fa riferimento.

Questa difesa il 20 gennaio 2023 ha dato il consenso all’acquisizione dei verbali ove è stato escusso il maresciallo Petruzzo. E l’ottimo avvocato Aufiero in quella sede aveva rilevato come.si trattasse di una intercettazione che non ha alcun riscontro, non è stato esplorato nel corso del dibattimento. In quell’ esame il maresciallo Petruzzo ammette che non è stata individuata l’asta e non erano stati individuati i soggetti. Questa intercettazione non viene considerato dalla pg. Perche la pista investigativa nasce dall’intercettazione del 19 dicembre 2018″.

Inutilizzabilità delle intercettazioni dell’altro processo considerato che l’iscrizione di Barone è del giugno 2019. Perché gli investigatori stessi ci indicano nell’intercettazone del 2018. Oggi questa richiesta è ancorata alla Sezione Unite del 2024 che ci dà ragione”

La genesi del procedimento ci consente a questo punto di verificare quand’è che il Barone può essere ritenuto interessato alle aste. Quando è intervenuto. Necessaria una scansione temporale. Gennaio e febbraio sono un momento di fibrillazione degli equilibri che finora erano presenti nel settore aste. Ci sono dei competitor della Forte e di Aprile. Chi sono? Formisano, Barone e Laudato. In quei giorni ci sono degli eventi di fondamentale importanza, che non vedono assolutamente coinvolto il Barone. L’episodio del 10 febbraio. Ma se Barone fosse stato coinvolto in quella fase di fibrillazione, ma come Dello Russo si è occupato di prelevare coattivamente Formisano e la Cerullo e provarlo dei telefoni e “sequestrarli” om casa di Forte.

Barone non c’era, perché? Perché in quella fase non c’entra nulla. Perché non andrà il 25 gennaio al compleanno di Aprile e successivamente all’incontro con la Forte. Quando è che c’è questo corto circuito? Aprile non gli sta bene che Formisano abbia avuto 15mila euro per un asta. E allora comunica alla Forte. Livia Forte che può fare? Convoca tutti a casa. In quella sede sarebbe venuta fuori l’indicazione che per. fare le aste ad Avellino significa passare per Livia Forte. Lo dice Galdieri”.

Allora qual è il momento in cui entra in discorso Barone? Abbiamo sentito tutti che durante l’esame il pm ha detto al nostro assistito: Barone lei sta facendo il gioco delle tre carte, che pensa che non ho capito che lei sta spostando la sua conoscenza di Aprile? Barone a fine febbraio era a Macerata e non riceve una telefonata da Livia Forte (non ci sono telefonate tra gennaio e febbraio con Livia Forte) ma ai debitori esecutati dove il Barone era l’avvocato del debitore esecutato e dei suoi familiari”. La ricostruzione continua: “Il 16 marzo questo viaggio ad Anzio. C’è l’ idea di costituire delle società in ordine alle aste al di fuori di Avellino, questa circostanza è confermata dalla nascita della società tra Barone, Formisano e Aprile, c’è un altra società la A&G. Ma questi dati emersi dalla istruttoria dibattimentale sono confermati anche dalle intercettazioni. L’ avvocato Botti chiederà se ci fosse stata una nuova società, avete approfondito questo tema e ulteriori interessenze?. Questo particolare ci consente di esplorare un nuovo tema: l’interessamento alle aste fuori Avellino. Le stesse telefonate che parlano di aste a Brindisi e Bari.

La verità è però che Aprile inganna il Barone, facendogli credere che non volesse avere più rapporti con Livia Forte, perché voleva emanciparsi. Lo dice al fratello Vittorio, parlando di persone serie in riferimento a Formisano e Barone. Ma in realtà Aprile faceva il doppio gioco e riferiva quello che gli pareva alla Forte. E questo non vuole dire consapevolezza del Barone di far parte di un’associazione. Il 16 marzo vanno ad Anzio, perché Aprile vuole accreditarsi agli occhi del Barone con una ingente quantita’ di mezzi e personale. Vuole far emergere la sua potenza anche al di fuori di Avellino. Ma dove apprende Barone questa scaltrezza? La apprende da una sua collega. C’è un intercettazione in cui Barone chiede informazioni sull’ Aprile. “bisogna fare attenzione. Perché è una persona preparata ma bisogna fare attenzione” gli viene detto. Queste non sono suggestioni, m sono elementi di prova che sono stati riscontrati dagli imputati.

Il sedici marzo Barone viene a sapere anche dello schiaffo alla Cerullo. Quando allora Barone sa della presenza dei Galdieri, perché Barone sapeva che ci sono una serie di reazioni. Il 6 aprile litiga con il Formisano. E il Barone il 7 aprile festeggerà il suo compleanno, sotto casa di Formisano, ma questi non ci andrà. Poi i rapporti si compongono”. E aggiunge: “Il 1 maggio 2019 c’è un passaggio rilevante nella intercettazione tra Aprile e Barone, cioè che da parte di Barone c’è il rifiuto a partecipare alle aste indicate da Aprile. “Le quattro cose di Solofra non le vogliamo fare. Il Barone ci spiegherà che non volevano più partecipare alle aste con “quella”, che è Livia Forte”.

BOTTI: LA NUOVA ACCUSA A BARONE? UN SEGNO DI DEBOLEZZA DELL’IMPIANTO ACCUSATORIO
“Se tra Galdieri e Barone c’è l’oceano, visto che tra Galdieri e Forte c’è il mare, allora si fa diventare Forte e Aprile diventano capi e promotori e Barone e Formisano diventano “soldati”, per farli entrare come partecipi”. E’ l’immagine che usa il penalista Claudio Botti, difensore dell’avvocato Antonio Barone, per sintetizzare quanto è emersodall’istruttoria dibattimentale. L’incipit del penalista napoletano che difende Barone. Devo però per lealtà rassegnare l amarezza che resta dentro di me rispetto a questo lunghissimo processo..

Nasce da una serie di incomprensioni e valutazioni anche errata della difesa che è stata travolta da un clima che ha fatto male al processo. Una serie di ragioni processuali quando al processo si mette una cappa di mafiosita. Il mio compito è allontanare questa maleodorante cappa di mafiosita dall avvocato Barone. Questa questione della mafiosita’ e’ diventata una aggravante territoriale e fa diventare molto defatigante ..questo processo sarebbe stato molto più fluido”. E si entra nel merito: “Riavvolgiamo, questo triplo salto mortale realizzato dal pubblico ministero. Leggo il capo di imputazione e immagino di trovare 35 reati fine. Signori quante aste si sono realizzate, se si parla di monopolio, esso ha una rilevanza qualitativa. Partiamo da un dato, quello di non essere neanche inn grado di stabilire l’entità quantitativa. Andremo a comprendere cosa sia stata l’indagine di questo processo. Basterebbe questo a dire “consapevole di realizzare il monopolio”. All’ avvocato Barone sono contestate due aste, senza l’aggravante mafiosa.

Questa continua sovrapposizione tra Barone e Formisano, per evitare altre polemiche, ogni imputato ha diritto ad essere valutato e giudicato per la dua storia e la sua condotta. Mi sembra di trovare in una condizione per cui mi chiedo: ma io a chi difendo”. E sulla riqualificazione ha aggiunto: “Il pm ha fatto l’elegia dell’esecutato. Ma tu hai perso la casa, non è che puoi stare furio alla porta dove si fanno le aste? Un tema di cuore populista nella requisitoria del pm. Naturalmente non perderò neanche un minuto a discutere sulla riqualificazione da contributo esterno a partecipe. Questa riqualificazione e’ la prova della debolezza assoluta dell’impianto accusatorio. Imposto un intero processo sulla concorrente esterno.

La giurisprudenza di Cassazione ha segnato passo passo la qualificazione del reato , non come quando abbiamo avuto le prime pronunce sul concorso esterno. Oggi sono più sereno perché ho molta più giurisprudenza sulla materia. C’è un tema che viene fuori, quando si fa un triplo salto mortale. Non c’e’ concorso esterno se non c’e’ sinallagma. Cioe’ devo avere una vantaggio e’ anche la stessa organizzarne deve averlo. Il discorso è che quando il pm si rende conto che questa condizione concorsuale è venuta meno, perché c’è il vuoto rispetto alla interazione diretta tra Barone e i Galdieri. Allora c’è un baratro. Cosi si fanno diventare Forte e Aprile promotori e Barone e Formisano come loro collaboratori, partecipi”. E il penalista ha continuato: “Salvo continuare a sostenere che questa è una vicenda di criminalità organizzata. Bisogna salvare la mafiosita’ , tenerci tutti sotto questa cappa e non comprendere ,che sostenere l’insostenibile può essere controproducente. Per ipotizzare che la condotta concorsuale sia tale, bisogna dimostrare il dolo diretto e non quello eventuale. Cioè devo realizzare una condotta nella consapevolezza che io devo dare un vantaggio all’associazione. D’ altronde qui non bisogna trovare sperdute massime, per cui nei confronti di Antonio Barone non esiste né la condotta partecipativa né quella concorsuale”. E Botti ripercorre anche il ruolo e la fase in cui il suo assistito sarebbe entrato nel discorso delle aste: “Barone entra sulla scena di questa vicenda ad Aprile 2019.

L’aspetto temporale è rilevante. Ci si aggrappa a questa intercettazione del novembre del 2018. Ancora una volta in questa ambientale, la prima cosa Chiesa ai verbalizzati e stata quale fosse stato il riscontro. Nessuno. Poi si era scoperto che Pagano e Barone non si conoscevano. Questa indagine con un sistema di pesca a strascico sono entrate intercettazioni e una quantità di carte per cui il 60/70 % è assolutamente inutile”. Anche il penalista ha ricordato la recente sentenza delle Sezioni Unite: “Se l’intercettazione è corpo di reato, ma la captazione dovrebbe essere solo lo spunto investigativo. Non ho nessuna autoreferenzialita’ ne’ il mito delle cross examination. Ma rileggete i controesami. Non c’è una risposta, siamo arrivati a dover spiegare noi a questa pg, con tutto il rispetto, non hanno neanche nominato un consulente su indagini relative alle aste che non avevano mai fatto prima. La qualità del dibattimento è la diretta conseguenza della qualità delle indagini. Se le indagini sono finalizzate, circoscritte, il processo è più semplice. Se invece si intercetta tutto, come un paniere, il processo diventa defatigante”.

L’AVVOCATO SACCOMANNO: ECCO PERCHE’ FORTE NON ERA INTRANEA AL CLAN
“Le condotte di Livia Forte non hanno nulla a che vedere con condotte mafiose o camorristiche”. E’ un passaggio chiave della lunga arringa di Roberto Saccomanno, difensore di Livia Forte, che dopo aver analizzato ognuno dei capi di imputazione contestati alla sua assistita: “Gli esecutati non hanno mai detto di aver esaudito le richieste di Forte perché era intervenuto il clan. Gli esecutati non hanno mai subito minacce o intimidazioni. Forte Livia non ha bisogno dei Galdieri per turbare le aste. Questa storia dei baba’ era antecedente al presunto patto con i Galdieri, li faceva gia’ prima. Forte Livia non usa il potere di intimidazione che gli deriva dall appartenenza al clan Non usa il clan quando viene strattonata per non dire picchiata da alcuni esecutati all’interno dell’ufficio di un notaio, chiama i Carabineri e non stiamo parlando di qualche altra cosa. Forte Livia non si serve del clan quando cerca di liberare tre immobili acquisiti all’ asta e subisce le minacce dello stesso. Non puo’ essere intranea al clan perché non si è servita del clan e il clan non ha ricevuto benefici da queste condotte. C’è stata una utilità che ha ricavato il clan dalla presunta turbativa resa da Forte Livia? La risposta è no. Il solo episodio in cui si registra l’intervento di un presunto esponente di un presunto clan, ammesso e non concesso che questo signore sia intervenuto in nome e per conto del sodalizio, non può condannare tutti gli altri episodi in cui non c’è ingerenza del clan”. Per Saccomanno, che fa riferimento alla famosa intercettazione del marzo 2019 in cui Aprile parla di come “vendessero sogni”: “gli esecutati avevano paura di Armando Aprile e Forte Livia perché avevano un potere economico, perché millantavano di conoscere I custodi. Lo diceva Aprile, hanno paura del fatto che loro non rispettivano il vincolo di conoscenza e rispetto di un paesano, non c’era timore del clan. Non c’è bisogno del clan, perché non c’è concorrenza perché non ci sono altri immobiliaristi pronti ad acquistare beni al 50%. Non c’è bisogno del clan”. Il penalista ha anche fatto riferimento alla controtesi del pm antimafia, che questo potere derivava dal patto con i Galdieri. “Il patto esisteva, ma bisogna accettare se fosse stato accettato o imposto. Anche se però in cambio della percentuale del baba’ loro ricevano qualcosa dal clan”. E allora si entra nel vivo del “patto”. “siglato verso la fine del 2018 ed estrinsecato nel 2019. Ma cosa succedeva prima? Era un’ imprenditrice, vogliamo dire una spregiudicata immobiliarista, che dal 2005 si occupava di aste. Nel corso degli anni tra fidi e prestiti ha avuto uno scoperto giunto fino ad un milione di euro con garanzia su beni e immobili. Da qui la forza economica, che si accresce quando interviene la partnership con Armando Aprile.

Quando si uniscono la Lara Immobiliare e le risorse lecite e la Punto Finance, non c’è più concorrenza. La Lara Immobiliare prima del 2018 aveva già 30 appartamenti. La Forte era già leader prima del 2018 e non aveva bisogno dei Galdieri. Gli stessi inquirenti non lo hanno potuto smentire. Succede poi che il presunto clan capisce che quello è un settore dove si fanno i soldi. E allora il clan fa la più classica delle “bussate”, perché i due immobiljaristi fanno affari nel territorio del clan senza pagare un obolo. E non lo diciamo noi. Sono le intercettazioni dei Galdieri, dove si dice: se loro devono fare il commercio lo facciamo tutti quanti”. Che sia un accordo imposto per Saccomanno lo indica nelle stesse intercettazioni lo stesso Armando Aprile, parlando di questo accordo si dice pentito di aver stretto un accordo.Livia Forte non è ritenuta un soggetto che commette delle turbative e che deve dare al clan una percentuale al clan. Forte e’ vista dal clan come un soggetto terzo, come una spina nel fianco, nei confronti della quale bisogna imporsi anche con le maniera forti. Se Forte Livia fosse associata tutti i proventi dovevano finire nelle casse del clan.

Ma risulta per tabulas che la Forte restituiva una parte. Non si è mai visto che si fa un’estorsione per conto del clan e non finiscono nelle loro casse. Se ciò non accade vuol dire che verso una quota per una attività autonoma, vogliamo dire anche illecita, ma non intranea. A settembre del 2019 Forte Livia decide di fare un’assicurazione su tutti i.suoi beni immobili, perché ha paura che avendo interrotto le aste, teme una ritorsione da parte del clan. Non è intranea perché non si è messa a disposizione spontaneamente ma perché ha dovuto subire l’imposizione. Non è intranea al clan perché non gli servivano i Galdieri per turbare le aste, lo faceva già prima. forte Livia non era intranea al clan perché non aveva bisogno di intimidazione”..La difesa ha messo in evidenza anche il comportamento della Forte dopo il suo arresto..Perché come scritto dal Riesame che ha ridotto la misura nei confronti della Forte ritenendo che pur avendo fatto parte del clan, con la sua scelta ha rotto ogni rapporto.
(Aerre)