“Inaccettabile”. Cosi’ l’avvocato Alfonso Furgiuele aprendo una nuova giornata di arringhe difensive davanti al Collegio presieduto dal giudice Roberto Melone ha definito l’associazione ricostruita nella sua requisitoria dal pm Woodcock nel processo Aste Ok. Il penalista ha descritto il ruolo della sua assistita, Livia Forte: “L’impianto accusatorio è convinto che Livia Forte e Armando Aprile frequentassero costantemente il mondo delle aggiudicazioni immobiliari per turbare gli incanti, anche mediante estorsione. In realtà, l’attività di Livia Forte è stata enorme. Ha venduto gli immobili dopo averli ristrutturati. Ha svolto un’attività immobiliare in società con il dottor Aprile. Loro facevano gli immobiliaristi. Un’attività immobiliare assolutamente lecita e tecnicamente virtuosa. Nell’ambito di questa attività lecita, la mia assistita si è imbattuta in soggetti che, attraverso episodi limitati nel tempo rispetto alle centinaia di aste cui ha partecipato Livia Forte, hanno proposto la possibilità del cosiddetto “babà”. Poi, se la proposta è partita dall’esecutato o da chi vuole partecipare alle aste, lo vedremo. Non dimentichiamo che, per parlare di estorsione, occorre la presenza di una restrizione violenta. In realtà, le uniche parole ascoltate sono “Dammi un babà e io non partecipo all’asta”.
“All’inizio del 2019 emerge che si parla di un accordo, accordo consiste nel corrispondere a Pasquale e Nicola Galdieri il venti per cento delle somme che avrebbero dato i debitori esecutati, quando il debitore sia riferito senza contatti con i Galdieri, la provvigione in caso contrario il trentatre’ per cento. Un accordo che non nasce certamente per iniziativa di Forte e Aprile. E un accordo di comodo o imposto?”. Per Furgiuele quella riferita in aula dal pm e’ “una nuova associazione, per cui quella finalizzata a commettere i delitti di turbativa d’asta e si trasforma in mafiosa ma non piu’ per la contaminazione mafiosa, quella per effetto della contaminazione dei Galdieri, il pubblico ministero parla di camorristi moderni, di forza economica equiparabile alla forza fisica. Un potere economico di assoggettamento che consente di realizzare gli obiettivi. E’ inaccettabile”. Una ricostruzione che cozzarebbe con i principi costituzionali. “Anche in questo caso si cerca di elaborare una nuova fattispecie di associazione mafiosa a cui al potere derivante dalla forza di intimidazione e del vincolo associativo si sostituisce quello economico, non si puo procedere ad una interpretazione estensiva e una nuova ipotesi perché si va a superare la norma”. In conclusione anche un passaggio sul comportamento processuale della Forte: “Ha irreversibilmente troncato i rapporti che avevano portato alle incriminazioni, un comportamento accertato da due Sezioni della Corte di Cassazione. Ha reso tre interrogatori al pm e consentito di far partire altri processi”. Motivi per cui è stata invocata l’assoluzione.
DAVINO: UN FALSO STORICO RITENERE I GALDIERI AL VERTICE DELLE ASTE
Claudio Davino, penalista difensore di Nicola Galdieri, lo ha ripetuto più volte nel corso della sua arringa davanti ai giudici del collegio nel processo Aste Ok, partendo da un dato, ovvero che “questo processo nasce sulla base di due equivoci. Sotto il profilo associativo, alla data del 27 febbraio 2019 vi è richiesta di archiviazione da parte del Gip di Napoli. E’ vero come dice il pm che la sentenza è acquisita come documento, non prende atto di alcune cose, ma soprattutto quella che era stata l’ ipotesi investigativa iniziale e stata smentita dagli accertamenti peritali. Noi parliamo più in generale di una vicenda immanente, la condotta di Galdieri Nicola per le aste, laddove la condotta è limitata alla vicenda di Montone. E’ pacifico quando Galdieri Nicola riferisce che alle aste non ci pensavano proprio. Le aste erano appannaggio esclusivo di altri soggetti. Sostenere che quelle attività relative al mondo delle aste sia stato gestito o coordinati dai fratelli Galdieri e’ un errore storico. La Procura non lo ha contestato neanche nell’ altro processo. Non è un caso che l’ indagine nasce da un attività tecnica di intercettazione tra Forte Livia e Aprile Armando Pompeo”. “Per cui trovo condivisibile quello che diceva il collega Furgiuele ritenendo che dal ” 416 finalizzato a la contestazione è stata trasformata in 416 bis”. Ma non ci sono elementi caratterizzanti il 416 bis. Anche nell” altro processo, L’ ipotesi che si affaccia, che io respingo allo stesso modo, cioè che una vicenda economicamente rilevante i Galdieri abbiano deciso di intervenire. Non si è mai ipotizzato che i Galdieri si siano interessati alla aste. Piuttosto malamente che abbiano imposto una sorta di tangente a coloro che si occupavano delle aste”. Allo scrutinio del collegio il penalista pone intanto l’esigenza di una verifica sull’ “Affidabilità dei soggetti che fanno le dichiarazioni e sono tutti portatori di interesse. C.M.C ha detto che Nicola Galdieri non era a conoscenza dei 5000 euro dati per l’asta di Montoro. Il dato rilevante è che la condotta violenta è successiva a quella della tentata estorsione. Questo dimostra che Nicola Galdieri della vicenda non ne sapeva nulla e non ha partecipato alla turbativa”. Le tre date in questione sono quelle del 10 gennaio 2019, ovvero il momento di aggiudicazione dell’asta, del 10 febbraio 2019, quando Galdieri va a casa di Maria Cristina C e del 20 febbraio 2019, quando questa sarebbe stata schiaffeggiata, secondo le ipotesi investigative per la vicenda Aste. Non la pensa così però Davino: “Siccome Galdieri riferisce questo concetto, che le aste le fa solo Livia Forte, lei si è sentita di reagire. Avete le intercettazioni e le attività di polizia giudiziaria, avete le dichiarazioni rese dagli altri signori presenti a quell’ incontro. Cosa si dice. La C. fa riferimento agli schiaffi e non ai pugni che riferisce in una fase successiva. Non parla di quella causale che poi ha riferito in fase di denuncia. La causale non e’riferita all’asta già definita il 10 gennaio. Fatti smentiti sia da Formisano, che riferisce di non aver dato i 15mila euro ad Aprile cui la C. aveva fatto riferimento”. Una lunga disamina che ha come conclusione un dato: “La C. si era posta come longa manus di qualcuno che aveva un potere criminale”. E che le dichiarazioni della supertestimone siano poco affidabili Davino ricorda che non è certo una tesi difensiva, bensì quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale: “Questa imputazione nasce dalle dichiarazioni contrastate da tutti gli altri partecipanti, contrastate dalle intercettazioni. Avete agli atti che non è vero che non era interessata al mondo delle aste, perché la C. ha acquistato sia ad Avellino che fuori. Abbiamo dichiarazioni per cui si può ritenere che quelle dichiarazioni siano state almeno adeguate”. Ricordando dunque che non si trattava certo di “un investigatore privato o di un’agente provocatore”. Pura fantasia la seconda imputazione, quella contestata anche a Mario Gisolfi, dove non compare mai il nome di Galdieri, bensì quello di Aprile che però viene collegato al loro assistito.