Aste Ok, la Cassazione: no ai domiciliari alla Forte, solo congetture

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AVELLINO- “L’ipotesi, complessiva, formulata dal Tribunale del riesame (in ordine alla mancata rescissione dei legami fra la Forte ed il clan di appartenenza a seguito delle dichiarazioni confessorie ed accusatorie) è di natura prettamente
congetturale, tale, pertanto, da non poter giustificare, il nuovo rigetto dell’istanza
di revoca o di sostituzione della misura cautelare”.

E’ così che i giudici della V Sezione Penale della Corte di Cassazione hanno annullato per difetto di motivazione il provvedimento del Tribunale del Riesame di Napoli che il 20 luglio scorso ha rigettato la richiesta di attenuazione della misura cautelare nei confronti di Livia Forte.

Una decisione che i legali di “Lady Aste” i penalisti Roberto Saccomanno e Alfonso Furgiuele hanno impugnato nuovamente davanti ai giudici della Suprema Corte (che già si era espressa annullando un precedente rigetto del Riesame).

La questione è semplice. La Prima Sezione della Cassazione aveva annullato la decisione del riesame di Napoli – sempre di rigetto dell’appello contro il diniego della revoca o della sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere – osservando, quanto al requisito della persistenza delle esigenze di cautela, che si era incorsi in un vizio di motivazione laddove si era esclusa la rescissione dei rapporti fra la Forte e gli ambienti malavitosi a cui si era dimostrata prossima. Nella nuova ordinanza dei giudici del Tribunale della Libertà di Napoli si rigetta la revoca della misura cautelare per la Forte sulla base di alcuni elementi:
dichiarazioni di Livia Forte – di ammissione dei soli delitti, di turbativa d’asta (escludendo le sole estorsioni e la valenza mafiosa di tali condotte) – apparivano finalizzati ad una sua auspicata scarcerazione, che le avrebbe consentito di ritornare ad operare sul territorio per conto e nell’interesse del clan.

Del resto, i Galdieri, destinatari delle sue accuse, erano già raggiunti da un tale compendio probatorio da rendere superflue, al fine della loro condanna, le sue dichiarazioni accusatorie. E si era detto come Nicola Galdieri tutto le avrebbe perdonato se solo ella si fosse scusata. Così che il suo atteggiamento processuale appariva come una rescissione solo formale dal sodalizio di riferimento.

Né mutava il quadro descritto il fatto che la Forte avesse ammesso anche ulteriori (rispetto a quelle oggetto del presente processo) episodi di turbativa d’asta, i cui positivi riscontri erano stati riferiti dai Carabinieri, perché ciò era avvenuto sempre nell’ottica di ottenere quella scarcerazione che era anche, nell’interesse del clan”.

Un allontanamento solo “formale”. A suffragare questa ipotesi, secondo il Riesame, anche “la frase intercettata all’epoca dei fatti, in cui un aderente del clan aveva affermato che la Forte era così prossima a Nicola Galdieri che questi, se solo lei si fosse scusata, “tutto” le avrebbe perdonato”. Per gli avvocati Saccomanno e Furgiuele quella prospettata dal Riesame era solo un’ipotesi congetturale. Anche perché “meramente congetturale era anche l’affermazione che il compendio probatorio raccolto sulle condotte illecite dei Galdieri fosse – nel processo di merito di per sé già sufficiente per pervenire alla loro condanna. Peraltro, era stato lo stesso pubblico ministero del processo a chiedere l’escussione della Forte, così ritenendone l’evidente rilevanza (escludendone pertanto la prospettata superfluità) probatoria”.

Una valutazione che i giudici della Cassazione hanno condiviso. Per i magistrati infatti la tesi del Riesame è “certamente suggestiva ma gli scarni elementi concreti che ne svelerebbero l’esistenza non sono, affatto, significativi e convincenti”.

Tra questi in particolare “gli ulteriori episodi delittuosi riferiti anche a carico di altri componenti del clan (la cui attendibilità era stata positivamente saggiata dagli inquirenti) non possono, in assenza di più precisi e concreti elementi, essere pianamente ricondotti a quegli errori o mancanze che il Galdieri, secondo altri esponenti del clan, avrebbe “perdonato” alla Forte, se solo questa si fosse “scusata”.

Ciò non appare, invero, rispondere alle ordinarie logiche criminali associative (che, invece, sono svolte a “scoraggiare” la collaborazione con la giustizia, in tutte le sue forme) e, comunque, costituisce una mera congettura”. Per questo sarà nuovamente il Riesame (in diversa composizione), a dover decidere sulla richiesta di revoca o attenuazione della misura per la Forte.