AVELLINO- La “prova” alla base del sequestro bis dei beni al cosidetto “clan delle aste” e’ rappresentata dalla stessa ordinanza che ha decretato la perdita di efficacia delle misure cautelari e reali, quella emessa dal Tribunale di Avellino lo scorso 27 aprile. E’ una delle prime valutazioni offerte dai giudici del Tribunale del Riesame di Napoli, l’ Ottava Sezione (presidente Oriente Capozzi) chiamati a valutare l’istanza di annullamento della misura reale fatta scattare ad horas dalla Procura Antimafia guidata da Nicola Gratteri. Si va anche oltre il “fumus” (ovvero la parvenza del reato necessaria per emettere misure cautelari e insieme al periculum in mora, uno degli elementi necessari per far scattare misure reali, ovvero sequestri). Così se da una parte l’ordinanza del Tribunale, quella che ha rimesso gli atti alla Dda di Napoli, ha determinato la scarcerazione di ben sei imputati del processo Aste Ok ( si tratta cioè di Livia Forte, Armando Aprile Pompeo, Pagano Beniamino, Antonio Barone e Gianluca Formisano, visto che per Nicola Galdieri e Carlo Dello Russo permane la misura collegata alla condanna nel processo al Nuovo Clan Partenio) dall’altra la stessa ordinanza e’ la base, come avevano sostenuto i pm antimafia Henry Jhon Woodcock e Simona Rossi nel decreto di sequestro preventivo e poi il Gip del Tribunale di Napoli Federica De Bellis nella convalida, per emettere il sequestro bis. E’ questa, dopo una lunga disamina dell’ordinanza emessa dal Collegio presieduto dal giudice Roberto Melone, una delle conclusioni rassegnate nelle motivazioni al rigetto del ricorso presentato dai legali di Aprile Armando Pompeo e degli indagati e delle società a lui collegate contro il provvedimento dei giudici napoletani. Si parte proprio dal cosiddetto “fumus commissi delicti”, per cui scrivono I magistrati nelle loro motivazioni: “Nel caso di specie, sussiste più del fumus commissi delicti necessario per emettere un decreto di sequestro preventivo, per quanto osservato dal Tribunale di Avellino nell’ ordinanza emessa in data 27 aprile 2024: “I dati processuali acquisiti al termine del dibattimento hanno restituito, con granita certezza, la prova dell’esistenza di un sodalizio di natura camorristica caratterizzato dalla compartecipazione criminale di Galdieri Nicola, Dello Russo Carlo, Genovese Damiano, Forte Livia, Aprile Armando Pompeo e Pagano Beniamino. Trattasi di sodalizio criminoso del tutto distinto da quello contestato al capo A che, incredibilmente , non vede tra gli imputati Galdieri Nicola e Dello Russo Carlo. L’associazione criminale in parola ha operato con le modalità tipiche delineate dall’articolo 416 bis e non è possibile alcuna lettura alternativa degli atti processuali, data, in particolar modo, la schiacciante valenza dimostrativa delle intercettazioni “telefoniche ed ambientali” acquisite nel processo, di per sé già altamente rilevatrice dell’ allarmante offensività dei fatti di causa, ma pure altresi’ riscontrata dalle prove dichiarative raccolte in giudizio”. Ed alla fine di questo ampio richiamo all’ordinanza di remissione degli atti del Tribunale di Avellino, i giudici del Tribunale del Riesame hanno aggiunto: “Ed invero, trattasi di una fattispecie associativa formalmente diversa da quella originariamente contestata, ma nella sostanza coincidente con quest’ultima, i cui elementi fattuali sono stati ampiamente esaminati nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, tanto da far concludere il Tribunale per l’esistenza della “prova” di un’organizzazione criminale di stampo camorristico a cui appartengono Galdieri Nicola, Dello Russo Carlo, Genovese Damiano, Forte Livia, Aprile Armando Pompeo e Pagano Beniamino”. E hanno aggiunto: “Se così è, – e non vi sono dubbi di alcun genere, sussistendo, addirittura, nel caso di specie, gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati agli indagati- non vi è spazio per altre valutazioni: I fatti contestati al capo A sono formalmente diversi ma sostanzialmente identici a quelli che hanno condotto l’ A.G ad emettere vari decreti di sequestro preventivo. Poi dichiarati inefficaci del tribunale di Avellino, ma vi è di più la modifica dell’imputazione riguarda solo il reato associativo rimanendo inalterati tutti i reati-fine”. Per i magistrati e’ dunque “assolutamente condivisibile quanto affermato dal Gip che ha emesso il decreto di sequestro preventivo oggi impugnato: “invero, quanto chiarito dai pm e come emerge dagli atti posti a fondamento della presente istanza cautelare, le risultanze emerse nell’ambito delle indagini preliminari sono in parte comuni a quelle acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale: basti pensare alle risultanze delle operazioni di intercettazioni (poi anche periziate in dibattimento), ai documenti acquisiti, agli atti ancora oggetto di sequestro ed ancora ai verbali di sit acquisiti al fascicolo del dibattimento con il consenso delle parti)”.
La valutazione sul periculum in mora (ovvero il rischio della dispersione del bene che il sequestro dovra’ tutelare) riguarda invece sia un’annotazione della Guardia di Finanza di Napoli, il Nucleo Pef che ha partecipato alle indagini su Aste Ok insieme ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino ed è relativa a segnalazioni di operazioni sospette sempre riferite ad Aprile, anche durante il periodo di detenzione (ovviamente per le società che secondo gli inquirenti di fatto continua a controllare) . La difesa di Aprile ha già proposto ricorso per Cassazione.
Il fatto come e’ noto risale all’esito processuale del procedimento denominato Aste Ok. I giudici del Riesame hanno ricostruito quanto ha fatto da precedente al provvedimento di sequestro bis eseguito dalla Procura Antimafia: “preliminarmente effettuato, per una migliore comprensione della vicenda, un breve excursus delle vicende processuali sottese al procedimento incidentale.
Il decreto di sequestro preventivo, oggi impugnato, scaturisce dell’ordinanza emessa dal tribunale di Avellino, ex articolo 521 cpp, nell’odierno procedimento, a conclusione del dibattimento protrattosi per oltre tre anni a carico di numerosi imputati (cosiddetto processo Aste Ok) che ha disposto la restituzione degli atti al Pm presso il Tribunale di Napoli, in quanto sarebbe emerso un fatto diverso da quello contestato, cioè un’associazione del tutto autonoma dal Nuovo Clan Partenio. Il PM Presso il tribunale di Napoli, in ossequio a tale ultima ordinanza emessa dal tribunale di Avellino ed a quanto ivi disposto, ha modificato l’originale imputazione di cui all’articolo 416 bis cp lasciando inalterati gli altri capi di imputazione, per i quali, nonostante le contestazioni siano state ritenute correttamente formulate, è stata, analogamente disposta la restituzione degli atti al PM, sulla base delle nuove contestazione associativa invariati, come si ribadisce gli altri capi di imputazione, il PM ha emesso decreto di sequestro in via d’urgenza chiedendo la convalida dello stesso al GIP con contestuale emissione di nuovo decreto di sequestro preventivo”.