di Attilio Ronga
“Preparato”, “ammirevole”, “affascinante”, “dal cuore populista”, “scaltro”, “un signore”, “geniale”…sono solo alcuni degli aggettivi usati per descrivere il pm antimafia Henry John Woodcock solo negli ultimi mesi. Badate bene, non li abbiamo usati noi per eseguire chissà quale opera di “incensamento” o nella più volgare connotazione di “adulazione”. No, questi sono alcuni degli aggettivi, una minima parte, che hanno usato i legali nel processo che, con un colpo di scena degna chiusura di quella che è stata tutta l’istruttoria, si chiuderà molto probabilmente in questa “lunga” giornata con il verdetto che leggera” il presidente Roberto Melone.
Noi Woodcock abbiamo preferito farvelo raccontare dall’altra parte. Allora gli “adulatori” sono gli avvocati? Non ci pensate proprio. Negli ultimi due anni nell’aula di Corte di Assise di Avellino ci sono stati momenti di scontro tra accusa e difesa, anche duri. Nelle arringhe finali gli avvocati hanno dato filo da torcere all’impianto accussatorio. Però ci piace raccontare e lasciare la testimonianza di un altro Henry John Woodcock, sicuramente uno dei protagonisti principali della indagine prima e del processo Aste Ok dopo. L’altro volto di un magistrato che, scorrendo siti e news magari troverete descritto o ricordato per qualche inchiesta che non è approdata ad una condanna o per la storia degli interrogatori vista Poggioreale.
Non è sicuramente il pm che ha condotto l’istruttoria di Avellino. La prospettiva che abbiamo scelto non è quella solita dei processi, che raccolgono l’attenzione solo per le richieste di condanna e la sentenza. E’ bello anche che si racconti di ogni aspetto, visto che, al netto dell’esito, quella che si crea in ogni processo così lungo è una comunità. Aste Ok è uno di quei processi che meriterebbe l’attenzione nazionale, invece salvo che per qualche articolo dedicato dal “Fatto Quotidiano” si è risolto in una questione tutta irpina.
In primis lo è, senza dubbio. Ma riavvolgere il film di questo processo sarebbe una grande lezione per tutti quei giovani che si vogliono avvicinare alla professione forense. Innanzitutto per lo stile. Quello di Woodcock, leggende metropolitane a parte, è stato di grande rispetto verso la controparte, ovvero gli avvocati. Fino all’ultimo secondo di questa partita. Ieri sera avrebbe potuto insistere ad esempio sul deposito delle memorie scritte di replica alle arringhe difensive, invece vi ha rinunciato per non creare un vulnus alle difese che non erano presenti. Aste Ok è stato un processo drammatico.
Ci sono stati momenti davvero difficili che, anche grazie alla saggezza (questo lo diciamo noi, stavolta) del pubblico ministero, sono stati superati. Ma non è certo tutte rose e fiori. Woodcock è stato inflessibile anche di fronte alla sua stessa polizia giudiziaria, sollecitando anche con fermezza ad essere precisi e preparati gli inquirenti ascoltati in aula. Con la stessa decisione ha anche affrontato il caso delle accuse ai Carabinieri che avevano eseguito le indagini, arrivando non solo ad un fascicolo parallelo per reati gravi come calunnia e anche corruzione di testimone, ma ottenendo (cosa non facile in un processo di camorra) un via libera ad alcune richieste di 500 comma 4, ovvero il riconoscimento che le dichiarazioni rese in aula da alcuni testimoni erano condizionate e quindi agli atti del Tribunale ci sono finite quelle rese davanti agli stessi inquirenti nella fase delle indagini preliminari.
Momenti drammatici ma anche occasioni per mettere in evidenza quanto nelle sue corde ci fosse tanta napoletanità e prontezza. La celebre frase usata per avvisare un imputato che la sua versione non reggeva: “guardate che ho il nome e cognome inglese, ma sono napoletano”. Un po di british però c’è nel tante volte richiamato “gentleman agreement” (il patto tra gentiluomini) sollecitato in aula.
Uno dei momenti più significativi del processo è stato senza dubbio il ricordo in aula dell’ avvocato Vincenzo Maria Siniscalchi..”Prima che un grande avvocato e’ stato un grande umanista e intellettuale”. E’ così che il pm antimafia Henry John Woodcock, in apertura dell’udienza l nell’aula di Corte di Assise di Avellino aveva voluto ricordare la figura dell’avvocato Vincenzo Maria Siniscalchi. Il magistrato, aveva anche voluto sottolineare che Siniscalchi ha rappresentato per lui la figura di un “maestro del processo”, perché oltre alle regole stabilite dal Codice, per il pm antimafia quello che aveva trasmesso nella sua carriera il professionista scomparso qualche giorno prima a Napoli e’ stata una lezione di comportamento processuale.
“Lo considero il mio maestro perché lo è stato del processo- aveva detto il pm antimafia- Mi ha comunicato le regole comportamentali del processo, perché oltre alle norme del Codice esistono i comportamenti, Siniscalchi e’ stato per questo un maestro di come di sta nei processi e dei rapporti tra le parti”. Ecco, potremo anche continuare con le tante citazioni usate in aula dallo stesso magistrato. Ma prima del verdetto, questo identikit del magistrato, anche un po diverso da quello che tanti descrivono, era anche necessario per guardare ai processi non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo.